All’Angelo Mai, l’arte si confronta con il sociale grazie all’opera di Cristiano Carotti.

 di Davide Silvioli

Con festa d’apertura tenutasi lo scorso 13 settembre con la partecipazione di Progetto Diritti onlus, l’associazione di avvocati impegnati nei diritti umani recentemente protagonista della risoluzione del caso Open Arms, la nuova stagione dell’Angelo Mai di Roma, spazio indipendente e autogestito da artisti e appassionati dove “fare cultura” è pratica politica quotidiana, all’insegna di una contaminazione che si va dal teatro alle nuove cittadinanze, dalla danza alla letteratura, dai festival alle arti contemporanee, dal femminismo alla musica. Una proposta culturale tanto diversificata, seppur nel rispetto di una complessiva coerenza d’intenti, non può non ripartire – quasi come un imperativo categorico – da domande condivise. Questo nel tentativo di far maturare un senso critico collettivo che si può compiere solo attraverso la consapevolezza e, quindi, le adeguate riflessioni. Ciò non si può non rispecchiare anche nell’investigazione artistica corrente, una speculazione che, oggi più che mai, si nutre di interrogativi anziché di risposte. È questa la medesima ragion d’essere che sostiene la ricerca di Cristiano Carotti; focalizzata sulla reinterpretazione degli effetti più contraddittori della società contemporanea. L’artista, proprio per questa occasione, ha elaborato l’opera Angelo Search & Rescue, un’installazione dal forte impatto visivo e emotivo.

Si tratta di un intervento allestito fuori dal corpo della struttura dell’Angelo Mai concernente, in totale, tre imbarcazioni (o scialuppe) da tre metri ciascuna composte in alluminio e ferro, sospese a mezz’aria. Queste, in maniera suggestiva, manifestano tutta la propria fisicità e si dimostrano sensibili alla gravità durante le ore di luce mentre, di contro, appaiono inaspettatamente leggere durante quelle notturne, come se fluttuassero in aria. Un’operazione, questa condotta in tale circostanza, essenziale e potente al tempo stesso, in grado di restituire, per mezzo di pochi e voluti elementi, un’efficace lettura sia estetica che contenutistica. Difatti, come spiega l’autore: ”Quando si è persa la speranza e ci si trova in mezzo al mare o sulla terra in mezzo ai mostri, chiunque tenda la mano per portarci in salvo lo puoi chiamare in un modo solo: Angelo. Per questo motivo non è stato difficile concepire questa istallazione che si compone di tre scialuppe di salvataggio dalla lunghezza di tre metri ciascuna e realizzate in alluminio, che verranno montate sulle due facciate del complesso. In questo modo l’Angelo Mai si trasformerà anche visivamente, oltre ad esserlo già nella sua essenza, in una nave di salvataggio sulla terra ferma”. Il lavoro di Cristiano Carotti conferisce, secondo tali accenti, centralità e valore al ruolo dell’artista o dell’intellettuale che con il suo sguardo, come questa stagione dell’Angelo Mai preannuncia, dovrebbe tornare a essere un cittadino più attivo degli altri, un agitatore di domande impellenti capace, come auspicato in introduzione, di risvegliare il pensiero e sollecitare la coscienza comune.

Per entrambe: Cristiano Carotti, Angelo (search&rescue), 2019. Installation view. Courtesy dell’artista.

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