GLOBETROTTER

RIVER OF FUNDAMENT

Il film capolavoro di Matthew Barney

– Valentina Tebala

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9/01/2016, Bologna

Nel giorno in cui si accendono i riflettori e inizia la maratona frenetica dei visitatori – tra appassionati, addetti ai lavori e giornalisti – da un vernissage all’altro del weekend più caldo (benché siamo in pieni giorni della merla) dell’art system fieristico italiano, fra i portici «cosce di mamma Bologna» si corre davvero il rischio di perdersi pur non essendo bambini ormai da un bel pezzo – citando due grandi artisti della magnifica città emiliana. Ma oggi, dal pomeriggio a sera inoltrata, almeno seicento fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi il biglietto tra i migliaia di visitatori in arrivo, sapevano benissimo dove andare e fermarsi per circa sei lunghe ore. Al Teatro Comunale, in Largo Respighi, è stata presentata e proiettata in anteprima assoluta nazionale in occasione del quarantesimo anniversario di Arte Fiera – in Italia il più anziano ed importante appuntamento fieristico d’arte moderna e contemporanea – l’ultima impresa filmica di Matthew Barney: il titanico River of Fundament.

Un pubblico emozionato ha occupato ogni posto disponibile tra platea e palchi in religiosissimo silenzio, compresa me, illustri ed illustrissimi colleghi tra cui un instancabile Achille Bonito Oliva in pole position. Tutti pronti per le sei ore consecutive del lungometraggio, diviso in tre atti di un paio d’ore ciascuno: quasi una performance collettiva, una prova di resistenza, che dopo la fine del primo atto ha già iniziato a mietere le sue vittime. Certo, a legittimare l’arresa – e quindi la fuga – c’era l’alibi plausibile che in quei giorni lì, si sa, è doveroso se non d’obbligo vedere il più possibile e presenziare per le public relations scappando da un evento all’altro, magari al capo opposto della città. Ma i più determinati e coraggiosi che hanno deciso di immergersi – è il caso di dire – in River of Fundament non se ne pentiranno; inclusa la sottoscritta, che avrà il piacere di raccontarlo a quei lettori che non erano tra i “seicento fortunati”.

La nuova opera-film del videoartista americano, musicata da Jonathan Bepler, è un innesto di strumenti narrativi cinematografici tradizionali con live performance (svoltesi a Los Angeles, Detroit e New York), opera e scultura, adatto proprio ad essere presentato nei teatri. È un lavoro epico colmo di riferimenti mitologici. Difatti il film è ispirato al romanzo Ancient Evenings di Norman Mailer ambientato nell’Egitto pre-cristiano e mitico dei faraoni, in cui si sviluppa la storia di un uomo – un non morto – in affannosa ed intricata peregrinazione tra il mondo dei vivi
e quello dei morti, verso la rinascita. Il viaggio diventa per l’autore palcoscenico ideale alla messa in scena delle più subdole e contraddittorie pulsioni dell’animo umano. Così il protagonista di Barney – il defunto Norman accompagnato dai suoi spiriti – tenta il cammino per la resurrezione che avrà luogo nel Fiume di Feci, nel sotterraneo della sua casa. Attraverso una serie di flashback che saltano dalla veglia funebre ancora in corso ai rituali collettivi in cui Norman appare incarnato in diverse automobili, le quali diventano simboli sacrificali di una contemporaneità capitalistica, si sviluppa una trama ricca di rimandi estetici ed iconografici tipici di Barney; che stavolta supera se stesso. Un fluire di acque torbide e secrezioni, orge, canti e colpi di scena in un’atmosfera sempre più tesa e psicotica, alternata spesso da toni lucidi e patinati.

Un viaggio nel viaggio mistico condotto dal protagonista, cari globetrotter, che ci restituisce un affresco della società moderna alquanto perturbante, una volta usciti dal teatro e reimmersi nella caotica art night bolognese.

 

RIVER OF FUNDAMENT. © Hugo Glendinning.

© 2016 BOX ART & CO.

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