PAINT! PAINT! PAINT!

Intervista a Mattia Barbieri

di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli| Carmela Cosco/ Ad apertura di questo scambio ti vogliamo chiedere che cosa cerchi nella pittura; che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Mattia Barbieri/ Ho sempre lavorato per serie nel tentativo di mostrare una prospettiva diversa dello stesso panorama, concependo le potenzialità della pratica come un prisma sfaccettato da ruotare, osservare e tradurre. Ciò che accomuna i vari cicli è la riflessione sulla natura dell’immagine e l’esplicita messa in scena della rappresentazione pittorica. Credo che la mia ricerca sia volta a formulare un sistema, un organismo iconografico che non prevede necessariamente la creazione di un’estetica e uno stile univoco, al contrario aderisce al multiforme per trovare un’unità corale, anche se poi mi accorgo di dipingere sempre lo stesso quadro. Ogni serie ha le proprie peculiarità, ma in sintesi il fare pittorico è un impulso indirizzato. Spesso si cerca di argomentare i significati della pratica attuando confronti e contestualizzandoli in una dinamica intellettuale; io credo, invece, che la Pittura sia come un dialetto, una lingua a parte che possiede una propria grammatica e risponde solo a se stessa, è il serbatoio dove tutto confluisce: conoscenza e interessi, barzelletta e preghiera, lotta e pacificazione, introspezione e esplorazione del mondo esterno, il Vivere insomma.

 AC|CC/ Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

MB/ In studio assoluta elasticità e naturale disordine. Ho provato a progettare alcune opere in passato, ma non sono mai riuscito a seguire né un disegno preparatorio né un’idea nata solo un attimo prima. Cerco di mettermi a disposizione del gesto che sorge nel momento in cui agisco. Questo aspetto è una costante sia nei lavori più “chiassosi” che in quelli più tenui nel temperamento.

AC|CC/ Pittura-pittura, pittura espansa, pittura! Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

MB/ Ho sempre lavorato su legno. Mi piace la liscezza e la fisicità della tavola: all’inizio perché potevo maltrattare la Pittura senza il rischio di distruggere la superficie. Successivamente è stata funzionale nel processo di sovrascrittura dei livelli, in alcune aree riportate allo stato zero, ovvero al supporto nudo, mediante il gesto irruente di una levigatrice. Le uniche occasioni in cui ho usato la tela sono state nei grandi formati, per motivi di spazio, a New York. Il supporto è talvolta determinante per il senso del lavoro. Considerando la serie degli Ikebana (raccolti nella mostra The Butter Monk), pitture ad olio su carta con le quali ho realizzato i cut-out, la scelta della carta è stata fondamentale perché ha permesso la corrispondenza tra azione e oggetto rappresentato. Posizionando fisicamente i ritagli dipinti che costituiscono il vaso, le foglie e i fiori, ho articolato la composizione con il medesimo gesto che si compie nella realtà quando si arrangia un ikebana.

AC|CC/ Astrazione o figurazione?

MB/ Ogni simbolo, rappresentazione o figurazione è un’astrazione. Nel mio lavoro sempre figurazione.

AC|CC/ Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

MB/ La Pittura lombardo-veneta, i fiamminghi, la pera di Joos Van Cleve, MORETTO da Brescia, la luce del mattino di Morandi, l’austerità delle icone russe, i paesaggi azzurri e verdi di Cima da Conegliano, i rotoli di carta di riso della tradizione calligrafica sino-nipponica, Nonno Antonio, i tanka, gli Dei di latte e di fuoco, la visione dei Veda, il cinema Fellini_ Kurosawa_ Bergman_ Tarkovsky, Picasso, la fedeltà di Hockney, la candela di Rembrandt, l’unghia sporca del ragazzo tra le zingare di De La Tour, il tizzone ardente di El Greco, la riga incisa sul tavolo di bachelite, le madonne, i Cristi nei deserti, Zurbaran, l’indice sul vetro appannato, la puzza di De Pisis, De Chirico, che è nato il mio stesso giorno, brutti quadri, i cazzi sui banchi, Matthias Grünewald, la calce sugli affreschi nel dopo riforma, con doppia linea non si sorpassa, i doppi menti in seppia di Leonardo, Rosso Fiorentino, scotch che non c’è più, il numero di telefono, piastrella autogrill, gli eccetera…

Dall’alto: GIANO, 2019. Oil on wood cm. METAPHYSICS 1, 2017. Oil on wood, 25X30 cm. Per entrambe courtesy dell’artista e Superstudiolo.

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