THE OTHERS ART FAIR 2018

di Valentina Tebala

Chiusi i battenti anche per l’ottava edizione di The Others Art Fair, si può sviluppare qualche riflessione ancora a caldo. Il format di fiera underground che punta a dare visibilità a gallerie, spazi e collettivi sperimentali e indipendenti – sotto la guida del board curatoriale coordinato da Bruno Barsanti e composto quest’anno da Alejandro Alonso, Diaz Yulia Belousova, Pietro Della Giustina, Iben Bach Elmstrøm e SUPERDEALS – complessivamente non delude le aspettative. Anzi, soprattutto per quanto riguarda le partecipazioni straniere, che però stavolta sono anche maggiori di numero rispetto alle nostrane, gli spunti interessanti forniti da ricerche e lavori originali ci sono e si percepiscono. Ben curati, alcuni molto scenografici e davvero sorprendenti, gli allestimenti degli spazi e delle sale dell’Ex Ospedale Regina Maria Adelaide di Torino, suggestiva e peculiare location usata già per il terzo anno da The Others (che tuttavia forse inizia a guardare altrove per la prossima edizione). Premiati, appunto, anche per le scelte del “display” delle opere proposte – rispettivamente per la Specific e Main Section – i progetti del collettivo East of Elsewhere con i lavori di Fadi Al-Hamwi e della Szena Gallery con le coraggiose sperimentazioni pittoriche e in dialogo reciproco di Egor Fedorychev e Anton Kushaev. Interessante anche la ricerca di Marta Djourina presentata dallo spazio Display con il titolo ‘A finger on the pulse’, che sperimenta con lo spazio, il corpo, i codici nonché le possibilità e i limiti della fotografia analogica in correlazione con altri medium e dispositivi luminosi (in questo caso il laser) creando coloratissime pagine pittoriche su carta fotografica formato extra in dialogo con la stanza dell’Ex Ospedale. Tra le presenze nazionali spicca quella del BUTIK Collective che propone due interventi con gli artisti Francesco Capponi e Pietro Catarinella. Entrambi, come sopra ma in modi diversi, riprendono il fascino dei procedimenti e degli strumenti della fotografia analogica – persino quelli più antichi – per inventarne nuovi, creativi, utilizzi e funzioni anche in rapporto alle tecnologie digitali. Per la sezione Expanded Screen dedicata alla video installazione con un’attenzione particolare “sulla superficie e sulle modalità attraverso cui le immagini diventano fruibili”, come spiega Barsanti, menzioniamo i Clovis XV & Superdeals con il lavoro di Kevin Senant: una sperimentazione composita e incrociata tra immagini ed espressioni narrative in relazione al linguaggio del cinema, confluendo nei sistemi dell’informatica e della comunicazione internet. Mentre lo spazio sperimentale 1646, con l’installazione di Sam Keogh, riveste tutta la stanza di strati e strati di sottili teli di plastica bianca semitrasparente accogliendo il visitatore in un ambiente completamente alterato e funzionale all’atmosfera horror fantascientifica da cui prende spunto il concept dell’opera.

Dispaly/Marta Djourina_A finger on the pulse, installation view_The Others Art Fair 2018

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