con i curatori scientifici Clauido Cerritelli e Gisella Vismara
dal 5 marzo 2022
Magazzino 26 | Porto Vecchio, Trieste
Una riscoperta, un atteso ritorno, una personalità artistica e intellettuale incredibile.
La singolarità della figura di Lucio Saffaro (Trieste 1929 – Bologna 1998), pittore, scrittore, poeta e Matematico, e la complessità del suo universo – la sua costante ricerca dell’infinito e della perfezione attraverso gli enigmi dello spazio e del tempo e le esplorazioni del pensiero – appaiono con travolgente evidenza soprattutto nelle sue opere pittoriche e grafiche. Quasi 90 lavori di questo straordinario artista e intellettuale saranno riuniti nella mostra “Ritorno a Trieste. Lucio Saffaro tra arte e scienza” in programma nel rinnovato Magazzino 26, nel Porto Vecchio della città giuliana, dal 6 marzo al 26 giugno 2022; mostra che riscopre un grande protagonista dello scenario intellettuale del secondo novecento e dà conto dell’originalità di Saffaro nel contesto della cultura e dell’arte italiana del tempo.
In effetti la poetica dell’artista triestino, che lascia la città di Svevo in giovane età per svolgere i suoi studi di Fisica pura a Bologna, città d’elezione anche dal punto di vista artistico – si sviluppa autonomamente rispetto alle tendenze contemporanee, attraverso una concezione estetica che si pone sotto il segno di una costante ricerca della “differenza” nei confronti dei movimenti avanguardistici e degli sperimentalismi linguistici del secondo ‘900.
Un’autonomia dalle correnti principali che forse ha reso difficile la conoscenza e la familiarità da parte del grande pubblico con l’arte di Saffaro, seppure egli abbia esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero e nonostante i maggiori critici e storici dell’arte del Novecento (come Arcangeli, Accame, Calvesi, Quintavalle, Barilli e tanti altri) abbiano invece lungamente scritto e riflettuto intorno ad essa e all’affascinante personalità di un artista e intellettuale che può definirsi rinascimentale e mitteleuropeo ad un tempo. Pur rifiutando la definizione di artista-matematico, Saffaro ha saputo coniugare la sua profonda cultura scientifica con la costante indagine pittografica di forme simboliche legate allo spazio e al tempo, agli interrogativi che essi pongono e alle infinite indagini mentali ed estetiche da essi suggerite.
Scientificamente consapevole, come egli stesso scrive, “dell’immensità di ciò che non conosciamo” e dei “limiti del nostro sapere”, costantemente teso alla comprensione dell’incomprensibile, al discernimento e all’esplorazione di dimensioni altre, ignote e ancora misteriose, egli è un artista modernissimo e antico ad un tempo.
Le sue ricerche matematiche sulla determinazione di nuovi poliedri, oggetto di numerosi saggi e conferenze in tutto il mondo, gli oltre cinquanta testi letterari da lui pubblicati accanto ai molti ancora inediti, così come le figure geometriche “eleganti” e “solitarie” dei sui dipinti e disegni sono parte di una stessa dimensione, di una ricerca interminabile e mai appagata, straordinariamente affascinante.
Fu Saffaro nel 1970 a rendersi conto che nel mosaico pavimentale della Basilica di San Marco a Venezia Paolo Uccello, nella prima metà del quattrocento, aveva già disegnato il “dodecaedro stellato” scoperto come figura solida da Keplero solo nel 1619: un’immagine divenuta famosa perché scelta – su indicazione dello stesso Saffaro – come simbolo della Biennale d’Arte di Venezia del 1986.
La mostra promossa dalla Fondazione Lucio Saffaro con il Comune di Trieste e il patrocino della Regione Friuli-Venezia Giulia, curata da Claudio Cerritelli con la collaborazione scientifica di Gisella Vismara e organizzata da Villaggio Globale International, presenta dunque una consistente selezione di opere pittoriche e grafiche di proprietà della Fondazione stessa (36 oli, 35 litografie e 16 disegni), che restituiscono al pubblico un’immagine completa della ricerca dell’artista (1954-1997): alle figure enigmatiche delle prime opere immesse in una dimensione quasi onirica – come il “Magnifico signore” e il “Concerto” del 1954, “L’inquietudine” del 1956 o “Il Modulo” del 1961 – alla ultime investigazioni prospettiche, in cui i poliedri assumono un ruolo centrale quali forme “che pongono quesiti non di natura matematica ma piuttosto esistenziale” come “La stella di Origene” del 1991 e “Il dodecaedro paolense” del 1993.
Identificazioni simboliche, monumenti e ritratti immaginari, visioni allegoriche, poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, magiche icone del tempo infinito: sono questi alcuni temi affrontati con limpide e luminose stesure pittoriche. Saffaro non era pittore dell’astratto-geometrico: i solidi e le indagini prospettiche che propone nelle sue opere sono l’universo molto concreto – reale – in cui ha vagato per tutta la vita d’artista, raccontando il suo viaggio verso l’infinito e la perfezione. Il suo è il mondo della luce, del colore primario, della sublimazione mentale, della geometrica perfezione; un platonismo Rinascimentale fatto di risonanze tra antico e moderno, non privo di sentimenti e di emozioni: in particolare il senso di tristezza, la solitudine e quel sentire che l’artista definiva malinconia.
Un percorso cronologico, stilistico e tematico che rivela anche la complessità delle fonti iconografiche ed erudite alle quali il pittore triestino attinge con sottile vena citazionista: dagli artisti ( Piero della Francesca, Paolo Uccello, Raffaello, Vermeer, Durer, Murillo, Goya, ecc.) ai luoghi dell’Antica Grecia (Dodona, Micene, Cnosso); dalle figure mitologiche (Elena Cassandra, Proserpina, Andromaca, ecc.) a quelle letterarie (Ulisse, Penelope).
Ma la rassegna assume un particolare significato anche in relazione alle origini triestine di Saffaro e alla sua cultura mitteleuropea come matrice delle tensioni esistenziali che caratterizzano la sua evoluzione intellettuale e artistica.
Un legame che Lucio Saffaro ha più volte evocato attraverso le immagini simboliche di paesaggi ed elementi di natura: mare, onde, orizzonti; tramiti iconografici che testimoniano questa profonda identità aprendo al “melanconico” silenzio della contemplazione e agli interrogativi sul mistero dell’ultimo confine, come in “Icosaedro marino” (1990) o “Meditazione sul golfo di Trieste”: un’opera del 1972 in collezione privata, prestata per l’occasione.
La mostra a ingresso gratuito – accompagnata da catalogo edito per i tipi della Bononia University Press con testi di Claudio Cerritelli, Bruno D’Amore e Gisella Vismara – propone nel percorso contribuiti video-documentari e la proiezione del film “Lucio Saffaro, un pittore tra scienza e umanesimo” prodotto da Rai Cultura, con la regia Giosuè Boetto Cohen.
Molte saranno anche le proposte educative e le iniziative per le famiglie promosse dalla Fondazione Lucio Saffaro, ideate e realizzate da Immaginario Scientifico. Particolare attenzione alle scuole, per le quali la Fondazione ha previsto apposite visite guidate gratuite
Per info:
www.mostrasaffarotrieste.it