a cura di Sandro Parmiggiani
dal 16 ottobre all’8 novembre 2020,
Spazio BDC28, Parma
A 20 anni dal viaggio che lo portò ad attraversare gli Stati Uniti lungo le 2448 miglia che separano Chicago da Los Angeles, Franco Fontana propone in due sezioni curate da Sandro Parmiggiani il nucleo più significativo della storica esposizione reggiana che ne rappresentò l’esito artistico: oltre alle 65 immagini esposte alla Reggia di Colorno, nell’ambito di ColornoPhotoLife, visitabile fino all’11 novembre, altre 35 fotografie conquistano ora lo Spazio BDC di Parma, che dal 16 ottobre all’8 novembre 2020, diventa la proiezione di un itinerario mitologico, dentro se stessi prima ancora che sull’asfalto consumato dagli pneumatici. Figlie della visione di una fotografia fondata sulle geometrie e sul ruolo del colore come emblema dell’umano, le immagini di “Route 66” mantengono la forza originaria e si arricchiscono di nuovi significati, alla luce di un’incertezza che impressiona la pellicola e lo sguardo. «Se quel che resta di un’antica gloria ha una sorta di sapore archeologico», come dice il curatore Sandro Parmiggiani, «presto cominciamo tuttavia a comprendere che le fotografie di Fontana della Route 66 ci restituiscono i frammenti di vite, di sogni, di speranze, di illusioni coltivate da persone che ci sono ignote ma che, proprio attraverso le loro “tracce”, si ostinano a resistere e tornano a vivere nella loro umanità, alla fine non troppo diversa o distante dalla nostra». Quella ritratta da Fontana è una Route 66 gloriosa nella sua decadenza, un’attrice sul viale del tramonto che continua a volersi vedere divina in un presente impietoso fatto di palazzi imponenti ormai in disuso, silos che sembrano scarpe bucate e serbatoi per l’acqua che paiono assetati, bar, stazioni di servizio, motel, modeste case di legno e villaggi fantasma, oggetti dai colori sbiaditi, quasi ostinatamente legati a un passato di seducenti cromie brillanti da chilometrici fili del telefono, oggi più che mai plasticamente fuori luogo nell’epoca degli smartphone. Più che di una pacifica e rispettosa convivenza, i simboli della modernità, che occasionalmente fanno la loro comparsa, trasmettono un senso di conquista inevitabile, il segno dell’arcata dentale che esemplifica la legge del più forte. Rimane però traccia indelebile della dignità del mito, di quell’aura che nel secolo scorso ha avvolto la Mother Road, la nuova strada verso l’Ovest capace di legare il proprio nome all’immaginario diffuso e alimentato dalla letteratura e dal cinema (“Furore” di John Steinbeck e l’omonimo film di John Ford; “On the Road” di Jack Kerouac; “Easy Rider” di Dennis Hopper), la canzone popolare (Woody Guthrie, Nat King Cole, Bob Dylan, The Rolling Stones, Bruce Springsteen e tanti altri). La mostra apre ufficialmente al pubblico alle 18:00 di venerdì 16 ottobre e sarà visitabile gratuitamente tutti i venerdì, sabato e domenica fino all’8 novembre, dalle 16:00 alle 20:00. Sempre fino all’8 novembre, sarà possibile completare l’esperienza di Route 66 con la sezione esposta alla Reggia di Colorno, dove trovano spazio anche i luoghi del “Fiume Po” di Michael Kenna, gli “Effetti Collaterali” di Livio Senigalliesi, le “Epifanie” di Tina Cosmai e le personali di Raffaele Petralla e Camilla Biella.
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