di Loredana Barillaro |
Cristian, qual è l’aspetto che caratterizza maggiormente il tuo lavoro di gallerista e il tuo approccio al contemporaneo?
Cristian Porretta/ Innanzitutto devo dire che mi ritengo fortunato a poter svolgere un’attività che si è rivelata una vera e propria passione e che ha radicalmente cambiato il mio modo di guardare la realtà che viviamo e che ci circonda quotidianamente. Citando Marcello Rumma, uno dei grandi promotori dell’arte in questo paese, “l’unica cosa che conta è l’arte contemporanea”. Ritengo che il poter stare a contatto con gli artisti, immergersi nei loro pensieri e nelle loro capacità espressive aiuti a comprendere gli aspetti culturali, naturali e relazionali che muovono cose e persone nel mondo attuale. La galleria FABER è uno spazio di ricerca nel panorama contemporaneo. Tutti gli aspetti che riguardano il mio lavoro partono da questo concetto, non solo ricerca intesa come scouting artistico, ma anche e soprattutto come studio e crescita costante a livello personale. In questo momento storico ritengo sia giusto ed etico che lavoro, professionalità e studio tornino a essere valori imprescindibili e inscindibili, al centro di un’attività che si occupa di diffusione della cultura contemporanea e al centro dei bisogni di tutti.
Che tipo di percorso hai compiuto prima di decidere di aprire la Galleria FABER?
CP/ I miei studi non sono direttamente collegati all’arte. Dopo il Liceo classico mi sono laureato in Scienze Politiche; la passione per l’arte è sempre stata molto privata, legata a interessi culturali che provengono dalla mia famiglia. Poi tra il 2007 e 2008 alcuni amici, che stavano aprendo una galleria a Roma, mi proposero di collaborare alla cura del nuovo spazio espositivo. Mi sono innamorato immediatamente del lavoro e ho avuto la possibilità di fare cinque anni di gavetta preziosissima, dove ho potuto inserire le mie passate esperienze personali e professionali. Ho iniziato ad approfondire i vari aspetti del mestiere e a maturare una mia idea di proposta artistica, finché nel 2013 mia moglie e io ci siamo resi indipendenti ed è nata la galleria d’arte FABER.
Quali sono gli artisti con cui lavori? Che tipo di linguaggio sperimentano?
CP/ Rappresentiamo un nucleo ristretto di artisti, selezionato nel tempo con grande attenzione. Questo soddisfa una duplice esigenza, da un lato qualitativa, dall’altro la volontà di agire seguendo e curando la crescita delle singole professionalità. A prescindere dal medium che utilizzano, tutti gli artisti con cui collaboriamo hanno uno stretto legame con la materia e la sua trasformazione, pur esprimendosi attraverso ricerche e sperimentazioni diversissime tra loro. Attualmente stiamo lavorando con Roberto Ghezzi, Valerio Giacone, Manuela Giusto, Koro Ihara, Jacopo Mandich, Keisuke Matsuoka e Giulia Spernazza. “Vulnerabile” di Giulia Spernazza è stata la più recente esposizione personale in galleria, in cui l’artista ha presentato un lavoro molto installatorio e davvero intenso sulle fragilità. “Forze invisibili” di Mandich ci ha visti per parecchi mesi sviluppare una pentalogia in cui l’artista ha indagato l’interazione tra energia e materie. Alla fiera di Roma Arte in Nuvola abbiamo presentato Koro Ihara, reduce dalla vittoria del Tokyo Art Prize. Con le serie Fading, Clycling, Wormed Ihara sperimenta un linguaggio legato agli esseri viventi utilizzando i materiali in maniera davvero stupefacente. Con Ghezzi stiamo lavorando al suo progetto pluridecennale Naturografie, dove è la natura stessa, l’acqua e la terra, a creare arte, e che porteremo a Roma il prossimo anno. I prossimi eventi riguarderanno Manuela Giusto con un lavoro in fotografia sugli elementi, e Valerio Giacone, artista di cui seguo la ricerca, sempre più intima e animistica, da diversi anni. La proposta più vicina sarà in primavera: Refugees di Keisuke Matsuoka, progetto dal forte contenuto sociale, che ha richiesto più di due anni di cura e che andremo a presentare mediante esposizioni, installazioni e talk in quattro location differenti.
Cristian Porretta è Direttore della Galleria d’arte FABER di Roma.
Dall’alto: Un ritratto di Cristian Porretta. Keisuke Matsuoka, REFUGEES, 2019. Per entrambe courtesy Cristian Porretta.
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