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IL SANGUE DELLE DONNE

Manuela De Leonardis

– Valentina Tebala

Valentina Tebala/ Manuela, Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco conclude una serie di progetti artistici che hai ideato e curato tra il 2012 e il 2018 intorno agli objets trouvés. Ci puoi raccontare meglio le tappe di questo ciclo e soprattutto la genesi di questo ultimo progetto?

Manuela De Leonardis/ Mi piace pensare agli oggetti non solo nella loro specificità di beni materiali, ma come entità che si caricano di esperienze, emozioni e memorie delle persone a cui sono appartenuti. C’è anche l’ambizione (e la sfida) nel dare all’oggetto una nuova vita attraverso il processo artistico. Sempre in una concezione che vede l’arte mai fine a sé, ma come mezzo per riflettere su tematiche sociali. Sicuramente è presente un filo conduttore tra il ricettario anonimo (Cake. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente), i 128 romanzi d’amore (La grande illusione) e i 68 “panni” dell’ultimo progetto, che va oltre la natura di oggetti trovati. In tutti c’è un’attenzione al femminile e, allo stesso tempo, il desiderio di restituire in maniera corale identità e visibilità a storie in parte sommerse. Ancora una volta una “casualità non causale” mi ha portata a riconoscere in un mercato di Roma, su un banco di vecchi merletti, i panni di lino che un tempo venivano usati per assorbire il sangue mestruale. Quale migliore strumento, poi, per sfidare il tabù delle mestruazioni ancora così radicato nella società contemporanea?

VT/ Si tratta al tempo stesso di un’iniziativa espositiva ed editoriale. Per quanto riguarda la mostra, sei arrivata a coinvolgere 68 artiste di paesi, culture e generazioni diverse, che relazionandosi con l’oggetto pannolino hanno rappresentato figurativamente o concettualmente le mestruazioni. Qual è stato il percorso della mostra, e la risposta del pubblico?

MDL/ Ho iniziato questo progetto in maniera del tutto istintiva, spedendo il pannolino a un primo gruppo di artiste perché potessero affrontare temi legati al femminile nella piena libertà espressiva. Ho trovato subito grande riscontro, anche da parte di Rossella Alessandrucci/La Stellina Arte Contemporanea che ha collaborato alla realizzazione della prima mostra, nel 2015, presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma dove abbiamo esposto le opere di 14 artiste, tra cui: Maïmouna Guerresi, Silvia Levenson, Ketty Tagliatti, Elly Nagaoka, Susan Harbage Page, Virginia Ryan. È proprio grazie al coinvolgimento anche emotivo delle artiste e del pubblico, il quale ha trovato stimolanti le riflessioni poste nell’affrontare tematiche che vanno dalla nascita, alla sessualità, ai legami, alla violenza e al femminicidio, che il progetto è cresciuto negli anni. Abbiamo avuto diverse tappe espositive, spesso in luoghi “sacri” come nel 2017 nelle celle dell’ex convento di S. Benedetto a Conversano e, soprattutto, nel 2019, nella chiesa romanica oggi Auditorium Vallisa a Bari con l’esposizione, per la prima volta, di tutte le opere (la prossima sarà al Palazzo Fruscione di Salerno in partnership con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, nel corso del 2021) con il suggestivo allestimento “rouge” dell’architetto Dino Lorusso e il “sound” di voci narranti di Ninni Castrovilli. La presentazione del volume, pubblicato da Postmedia nel 2019 grazie al sostegno della Fondazione Pasquale Battista e all’entusiasmo della direttrice Annalisa Zito, ha poi innescato altri dibattiti interessanti in ambiti diversi, tra cui il Center for European Studies – University of North Carolina a Chapel Hill (USA), la Triennale di Milano per la VI edizione del Tempo delle Donne, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo Pignatelli di Napoli, il Reparto di Radioterapia Oncologica dell’Ospedale Clinicizzato SS. Annunziata di Chieti, la galleria Forum di Zagabria e la galleria Rigo di Novigrad/Cittanova (Croazia).

VT/ A proposito del volume, come si compone?

MDL/ Il libro, oltre all’apparato iconografico, è impreziosito dai testi delle artiste: racconti, poesie, filastrocche. L’unica a lasciare volutamente la pagina bianca è stata Sonya Orfalian, che ha affidato il suo messaggio di denuncia del genocidio armeno all’opera fortemente simbolica con la spada. Una lettura trasversale degli argomenti è data inoltre dai contributi di altri autori che vanno dalla linguistica di genere alla ginecologia, da aspetti antropologici alla storia dell’arte contemporanea.

VT/ Il sangue è stato elemento ricorrente nell’arte contemporanea sin dai padri e le madri della performance e della body art degli anni Settanta. Molte artiste, in particolare, hanno usato anche brutalmente il proprio corpo e il proprio sangue (persino mestruale) come mezzo di lotta politica e sociale contro le prevaricazioni di genere. Oggi, da ciò che hai potuto rilevare con l’esperienza di questo progetto, qual è l’approccio delle artiste verso tematiche così forti, intime e al contempo universali? Hai notato un fil rouge, delle similitudini di linguaggio e di espressione, tra le artiste coinvolte?

MDL/ Delle 68 artiste del progetto Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco solo una, Patrizia Molinari, ha usato il sangue (non mestruale) nella sua opera. Le altre hanno adottato linguaggi diversi, spesso metaforici, con altrettanta forza e intensità. Certamente parliamo di un territorio non tanto di rivendicazioni di istanze femministe, piuttosto di difesa dei diritti costituzionali.

 

 

Manuela De Leonardis è Giornalista e Curatrice indipendente.

Dall’alto: Ilaria Abbiento, COME LA MAREA, 2018. Courtesy dell’artista. Lea Contestabile, SANGUE DEL MIO SANGUE, 2018. Courtesy dell’artista. Novella Oliana, WHAT I NEED TO BE MYSELF ELSEWHERE, 2017. Courtesy dell’artista.

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