ARTE E SCIENZA. UN CONNUBIO SENZA FINE

Temp Studio Residency a Lisbona

di Martina Lolli

Quanta creatività c’è nella ricerca scientifica e quanto rigore tecnologico nella creazione artistica? Sono domande a cui sembra facile rispondere – lo sviluppo artistico è direttamente proporzionale al tecnologico, ovvio – ma se prendiamo in considerazione il punto di vista etico e le ritrosie di chi non digerisce l’estetica digitale, potrebbe essere più complesso. E quando artisti del calibro di Anish Kapoor brevettano un pigmento – come il caso del “vantablack”, il nero più nero che esista – la domanda si fa ancora più pungente, perché presuppone che la creatività dell’artista scaturisca dal brevetto stesso.

Lo scorso novembre a Lisbona, nel quartiere di Marvila, si è tenuta la terza edizione di Temp Studio, residenza dedicata ai new media artist. Tale residenza, che ha raccolto artisti da tutto il mondo, ribalta la questione del rapporto arte e scienza poiché i partecipanti selezionati hanno un background variegato: grafici, web designer, programmatori del creative coding, esperti dell’interaction design e delle scienze ambientali, ma anche ingegneri dei sistemi audiovisivi e del disegno industriale; non solo artisti nel senso puro del termine. I progetti sviluppati nella settimana di residenza a Lisbona hanno mantenuto l’eterogeneità dei differenti percorsi di studio poiché i partecipanti hanno raccolto la sfida con la scienza, non solo dal punto di vista strumentale, ma anche tematico.

A Temp Studio #3 i residenti si sono espressi attraverso gli ultimi ritrovati della scienza ma si sono anche posti quesiti attorno a uno sviluppo tecnologico pervasivo e invasivo. Diversi hanno trattato l’effetto della tecnologia sugli esseri viventi: Catarina Sampaio e Susana Sanches mettono in scena la quotidiana violazione della sfera privata attraverso i device che usiamo e che ci usano; Justyna Orlowska e Sahar rappresentano invece la sottile influenza psicologica della tecnologia che si rapprende nell’inconscio collettivo. Rudolfo Quintas & Joan Sandoval indagano l’impatto dell’informazione di massa sul ciclo di vita di una pianta mentre Ryan Cherewaty & Error-43 creano un paesaggio futuristico collassato in VR. Altri artisti ragionano sul potenziamento della sensorialità umana o delle virtualità di un ambiente: nell’installazione di Ivan Stefanac la tecnologia torna a donare all’uomo l’intelligenza emotiva; il lavoro di Carlotta Premazzi sfrutta invece le onde cerebrali per creare un visual che attinga dai dati biometrici. Martin Backes e Laurie Bender, con dispositivi AR, donano una nuova estetica all’ambiente reale mentre Boris Debackere crea un paesaggio sonoro in audio binaurale modulato dai movimenti del fruitore. Sol Ey realizza invece uno strumento che potenzia le sonorità della gestualità mentre Robert Allison crea un abito con un tessuto che reagisce a tensione e temperatura. Nuno Mika & Marco Accardi accolgono l’audience clonando la loro immagine con un ologramma. Ma c’è chi sfrutta la tecnologia per creare un nuovo tipo di interazione con l’altro: fra artista, curatore e pubblico (www.virtualcuration.ml) o con la natura (Andrés Villa Torres, Sandro Poli, Simon Schwarz) che liberano bolle nell’acqua reagenti al suo flusso o ancora per mettere in scena una nuova interazione con il pubblico della performance (Angela Fegers e Laura Guy) o con lo spazio performativo (Elodie Correia). La tecnologia diviene dispositivo poetico nelle performance di Sara Persico, Juan Vallejo e Stupelab dove suoni, colori e forme interagiscono modulati live dagli artisti per mettere in scena un viaggio nel profondo, dell’individuo, del cosmo.I progetti elaborati nella settimana di residenza del Temp Studio sono stati esposti durante l’open day tenutosi a Lisbona, nel quartiere di Marvila; tanti gli avventori che hanno interagito con le opere e con gli artisti presenti. Nessuno spazio per le ritrosie degli amanti dell’analogico; il rapporto che l’artista intrattiene con la tecnologia è ambivalente: non è solo l’espressione più accattivante per veicolare la propria ricerca, ma anche un mezzo che possa portare la tecnologia stessa sulla soglia dell’assurdo – al suo turning point – per far sì che ne nascano nuove utopie e nuovi orizzonti.

Martina Lolli è Curatore e Giornalista d’arte.

Dall’alto: Carlotta Premazzi. Angela Fegers & Laura Andrée Anna-Elisabeth Guy. Ryan Cherewaty & Error 43. Villa Torres, Sandro Poli & Simon Schwarz. Stupelab. Ivan Stefanac. Juan Vallejo. Sol Ey. Per tutte foto © Telmo Mendes.

© 2019 BOX ART & CO.

 

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