Contenuto e contenitore. Chi ha la meglio?

di Loredana Barillaro

Non è vero che il contenitore non conta, non è vero che è il contenuto ad essere davvero e solo importante, o meglio, è vero in parte. Sappiamo tutti – dagli anni in cui a scuola, sui libri di scienze, abbiamo studiato la materia – che se il bicchiere è piccolo o è grande la nostra percezione della quantità di liquido che abbiamo a disposizione cambia notevolmente. Così come la quantità di gelato che qualcuno può permettersi di mangiare, o al contrario si impone di non mangiare, cambia a seconda della coppetta in cui è servito. Se essa è piccola saremo felici di poter fare il bis, se essa è grande faticheremo a finire il gelato, oppure imporremo a noi stessi di lasciarne una parte. Insomma, abbiamo appreso che spesso il contenuto dipende dal contenitore, dalle sue dimensioni, dalla sua forma, etc. Ecco, il principio è pressoché uguale in riferimento ai luoghi in cui viviamo, in cui lavoriamo e in cui osserviamo noi stessi, e al modo in cui percepiamo lo spazio, non solo fisico e architettonico, ma anche e soprattutto “mentale”.

C’è da chiedersi allora se siano le persone a condizionare lo spazio, nel suo sviluppo globale, o se è lo spazio che ci circonda, a condizionare e a segnare il nostro modo di sentire, di pensare, di agire. Questo è ciò che accade anche con noi stessi e con il modo in cui gli altri tendono a influenzarci e, più o meno, a riuscirci. Pensiamo al modo di vestire, per alcuni è solo un esercizio dettato dalle convenzioni sociali, perché nudi proprio non si può; per altri è un modo per sentirsi inseriti in un contesto sociale, essere alla moda, indossare quel colore o quelle scarpe, modello assoluto del momento, ci fa sentire bene, ci fa sentire accettati, ci permette di non avvertire inadeguatezza verso taluni. E poi c’è un modo di vestire che non è coprirsi, che non è essere alla moda ma è un bisogno necessario per “essere”, per comunicare quello che si è, quello che si pensa. Una sorta di linguaggio tacito, una forma di scrittura, di narrazione, che può dire molto di noi e che quindi ha molto a che fare con la nostra interiorità. Proseguiamo con un esempio legato ancora alla moda, se una persona indossa un particolare capo di vestiario, magari un cappotto che potrebbe apparire stravagante, che differenza fa a seconda del luogo in cui ci si trova? A New York, o anche a Milano, sicuramente nessuna, o magari rientrerebbe semplicemente nei ranghi della normalità, mentre se lo stesso si indossa in un piccolo centro di una piccola provincia certamente si tenderà ad apparire eccentrici, e forse anche un po’ fuori di testa. Dunque, ecco che, volenti o meno, il contenitore fa sempre la differenza. E questo, inutile negarlo, è un aspetto presente anche nel lavoro di ognuno di noi, lavoro che potrà apparire normale, rassicurante, strano, eccentrico, o semplicemente impossibile da inquadrare in una qualsivoglia categoria lavorativa. E allora, mi fermo ponendo una domanda a partire proprio dalla mia esperienza: quanto può risultare difficile fare lo stesso lavoro in luoghi, geografici e culturali, profondamente diversi?

© 2021 BOX ART & CO.

 

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