dal 23 ottobre 2025 al 22 gennaio 2026
Fondazione Giorgio Griffa, Torino

A un anno dalla sua apertura, la Fondazione Giorgio Griffa presenta, da giovedì 23 ottobre 2025 fino a giovedì 22 gennaio 2026, D1 – D5, duo show di Giorgio Griffa (Torino, 1936) e del britannico Simon Starling (Epsom, Regno Unito, 1967), un inedito confronto tra due artisti di generazioni e contesti differenti che inaugura la stagione autunnale.
Le “D” del titolo richiamano i cinque dialoghi che formano il percorso espositivo, nati in alcuni casi da progetti condivisi e collaborazioni dirette tra i due artisti, in altri da affinità formali, materiche e concettuali, che aprono possibilità di confronto e suggeriscono inedite direzioni di indagine.
Il rapporto tra Griffa e Starling si sviluppa in mostra in un dialogo tra generazioni, contesti geografici e culturali, tra forme d’arte e percorsi di conoscenza, tra sintesi e narrazione.
È la collaborazione Griffa-Starling nata nel 2017, a suggerire l’idea della mostra. Simon Starling rimane colpito da rari pennelli artigianali giapponesi: sono realizzati per i maestri della lacca urushi con i capelli delle pescatrici di perle ama, particolarmente compatti grazie alla lunga permanenza in mare e all’assenza di lavaggi con tensioattivi chimici. Spedisce un pennello a Griffa perché lo utilizzi.
Ne derivano tre grandi carte dipinte da Giorgio Griffa che Starling “annota” con un testo su vetro stampato con una particolare stampante inkjet. Sono tre lavori a quattro mani: Noise (Annotated) e Oblique 3 (Annotated) che vengono entrambi esposti qui in mostra presso la Fondazione Giorgio Griffa, e Golden Ratio (Annotated) che sarà visibile nella personale di Griffa che apre il 5 novembre presso la Casey Kaplan Gallery di New York.
La mostra
In un gioco di assonanze e contrasti, le sale della Fondazione accolgono le opere di Giorgio Griffa e Simon Starling. Un gioco che ritroviamo nel “ping pong” di testi appositamente scritti dai due artisti per accompagnare ognuna delle cinque tappe della mostra, completando e ampliando il terreno di dialogo tra le loro opere e il loro pensiero.
La mostra si apre con i due lavori a quattro mani del 2017 – Noise (Annotated) e Oblique 3 (Annotated) – già citati sopra, cui si affiancano nel primo dialogo (D1), Head to Toe (2017) di Simon Starling e Disordine PO (2025) di Giorgio Griffa. Head to Toe si presenta come un corpo composito di elementi interconnessi, realizzati in collaborazione con diversi artigiani, come falegnami, soffiatori di vetro, argentieri, fabbri, maestri della lacca urushi. Tra gli oggetti che danno forma all’opera, spicca il pennello realizzato con i capelli di una pescatrice giapponese ama (come quelli che Starling regalò a Griffa perché potesse utilizzarli per il progetto a quattro mani). La seconda, è una tela di Griffa che appartiene al più recente ciclo dedicato al Disordine, in cui segni, colore e tessuto sono i protagonisti.
Il percorso prosegue (D2) con la tela Bianco dopo bianco, dipinta nel 1981 dall’artista torinese in un momento di ricerca dell’essenzialità della pittura: segni elementari e un solo colore, il bianco, usato raramente da Griffa e quasi solo in quegli anni, su spinta di una particolare relazione con la luce del sole nel verde della natura. In risposta a quest’opera, Starling propone l’installazione As He Buffs (2019): una figura umana a gambe incrociate, suggerita da una semplice struttura metallica che sostiene una maschera, è colta nell’atto di lucidare un piano laccato nero in cui si specchia, mentre due lampadine a filamento di tungsteno la illuminano. Per la sua realizzazione l’artista si è affidato a maestranze artigiane giapponesi – il maestro di urushi Masahiko Sakamoto, il maestro di maschere Nō Yasuo Miichi – e a Daniil Kondratyev, a testimonianza dell’interesse di Starling per le possibilità di connessione e collaborazione con la natura nei processi produttivi.
Con il terzo dialogo (D3), i richiami tra i lavori si fanno più espliciti: in una teca alcuni oggetti che Griffa utilizza quotidianamente in studio sono affiancati a copie del magazine Frieze, sulle cui pagine gli stessi oggetti compaiono ritratti negli scatti realizzati da Starling con un banco ottico nel 2017 nell’atelier di Griffa. Come in una mise en abyme, le quattro tele di Griffa – Canone aureo 638, Canone aureo 772, Canone aureo 343, Canone aureo 638 – che compaiono sullo sfondo delle fotografie di Starling, sono esposte sulla parete opposta alla teca in Fondazione nella stessa sequenza che avevano il giorno degli scatti in studio.
La ricerca di entrambi gli artisti di forme primarie prende forma nel quarto dialogo (D4) tra i Segni orizzontali di Giorgio Griffa, polittico del 1970 composto da quattro tele di piccole dimensioni; e
Home-made Castiglioni Lamp (Valvoline Racing) e Home-made Castiglioni Lamp (Supershield), due esemplari del 2020 di una rivisitazione evocativa di Starling dell’iconica lampada disegnata dai fratelli Castiglioni che riporta un oggetto di design prodotto in serie al suo stato di prototipo, realizzato con latte d’olio motore, canne da pesca, cavi e fari d’automobile.
Il percorso si conclude nell’ultimo dialogo (D5) che porta a galla il tema di particolare attualità dell’autodistruzione cui può portare oggi il principio di dominazione (dal cambio del clima alle guerre in corso), ma offre allo stesso tempo aperture sulla luce che può portare l’arte nei momenti di oscurità. Quest’ultima luce trapela dalle lettere che riproducono il titolo Autoxylopyrocycloboros – originario di un progetto di Starling del 2006 – su una grande tela del 2025 di Griffa. Questo lavoro, che a sua volta porta lo stesso titolo e appartiene al ciclo Alter Ego, è qui esposto al pubblico per la prima volta e si configura come un omaggio all’opera dell’artista inglese. Accanto alla tela uno scatto bruciato dello stesso Starling che appartiene proprio al suo progetto multiforme Autoxylopyrocycloboros, nato da una performance-viaggio a bordo di un battello a vapore che si autodistrugge perché alimentato dal legno del suo stesso scafo. Un’azione diretta dallo stesso Starling sul Loch Long, pittoresco e contraddittorio fiordo scozzese che è sede dei sottomarini nucleari Trident e di uno storico campo pacifista, e che ha dato i natali al battello a vapore che affonda durante la performance nelle sue stesse acque.
Ispirato alla figura mitologica dell’Ouroboros, il serpente che si mangia la coda, il progetto di Starling riflette e fa riflettere sull’autodistruzione con un gioco di rimandi, paradossi e connessioni che vanno dalle culture di protesta locali, agli armamenti, all’ironia tragicomica dei cartoni animati classici alla Tom e Jerry, alla passione per le tecnologie obsolete. Una versione con 38 fotocolor e proiettore di Autoxylopyrocycloboros è conservata nella collezione della GAM di Torino.
Con D1 – D5 la Fondazione Giorgio Griffa prosegue il suo impegno di conservazione e valorizzazione dell’opera di Giorgio Griffa sempre concepito accanto al lavoro di promozione dell’espressione artistica contemporanea, per consegnare al pubblico e al mondo dell’arte un luogo vitale e uno spazio culturale dinamico.