Khalid Albaih | La stagione della migrazione a Nord

a cura di Elettra Stamboulis

dal 9 novembre 2024 al 23 febbraio 2025

Museo di Santa Giulia, Brescia

Il Comune di Brescia, la Fondazione Brescia Musei e il Festival della Pace presentano Khalid Albaih. La stagione della migrazione a Nord, la prima mostra personale in Italia dell’artista, curatore e attivista sudanese Khalid Albaih (Bucarest, Romania, 1980). L’esposizione, a cura di Elettra Stamboulis, apre al pubblico da sabato 9 novembre 2024 a domenica 23 febbraio 2025 negli spazi del Museo di Santa Giulia a Brescia.

Con Khalid Albaih. La stagione della migrazione a Nord, Fondazione Brescia Musei prosegue il percorso di narrazione sui diritti umani attraverso l’arte contemporanea avviato nel 2019, in un itinerario che invita alcune delle voci più significative della scena artistica internazionale a portare le proprie riflessioni negli spazi del Museo di Santa Giulia a Brescia. Arte e diritti umani si incontrano nell’ambito dell’iniziativa, mirata a creare un punto di sintesi per artisti dissidenti e attivisti generalmente poco valorizzati nel mercato dell’arte ufficiale, ma spesso noti attraverso la rete o nel mondo di chi si permette ancora di avere una voce critica sul presente e immaginare un futuro diverso. Un percorso che trova traccia indelebile anche nelle Collezioni civiche bresciane, grazie alle acquisizioni delle opere degli artisti protagonisti di ogni progetto espositivo: segno concreto dell’attenzione che Fondazione Brescia Musei e la città dedicano a questi temi.

La mostra è presentata nell’ambito del Festival della Pace di Brescia, durante il quale sarà visitabile gratuitamente da tutti, e segna la quinta tappa del percorso di ricerca intrapreso da Fondazione Brescia Musei, che ha visto susseguirsi le mostre personali con la curatela di Elettra Stamboulis di Zehra Doğan (Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche, 2019), Badiucao (La Cina non è vicina. Opere di un artista dissidente, 2021) e Victoria Lomasko (Victoria Lomasko. The Last soviet artist, 2022), e la mostra Finché non saremo libere (2023), a cura di Ilaria Bernardi, che ha presentato le opere delle artiste iraniane Sonia Balassanian, Farideh Lashai, Shirin Neshat, Soudeh Davoud e Zoya Shokoohi.

Il titolo della mostra riprende l’omonimo romanzo dello scrittore sudanese Tayeb Salih, la cui voce narrante fa da filo conduttore al progetto espositivo. Per la letteratura sudanese, e africana in generale, questo romanzo dal titolo evocativo, costituisce un’opera cardine per la cultura post coloniale.
Khalid Albaih. La stagione della migrazione a Nord ripercorre la carriera artistica di Albaih, presentando per la prima volta in Italia una personale del suo lavoro pluridecennale di artista dissidente ed esule. L’artista, lui stesso curatore, ha potuto, nel corso della sua residenza a Brescia nelle settimane precedenti l’inaugurazione, prendere parte al processo di creazione della mostra, come era stato per Badiucao, Lomasko e Shokoohi, riprendendo alcuni concetti già proposti in lavori presentati al Museum of Contemporary Art (Jacksonville, 2019) e a Documenta (Kassel, 2022), e dialogando con la città di Brescia e con le sue peculiarità sociali attraverso alcune opere site-specific.

Filo rosso della riflessione di Khalid Albaih – artista ospite ICORN a Copenaghen (International Cities of Refuge Network) e fellow negli USA per l’associazione Artists at Risk (branca di PEN international, Istituzione internazionale che protegge la libertà di espressione) – è l’indagine sulle diverse sfaccettature che caratterizzano, ai nostri giorni, la “stagione della migrazione a Nord”: dall’identificazione di un luogo come casa al confronto con lo straniero; dalla visione che il cosiddetto Occidente (inteso non come categoria geografica, ma ideologica) ha dell’Africa, ai segni che ogni viaggio imprime nella memoria.
La pratica artistica di Khalid Albaih si radica nel disegno, traducendosi in una vasta produzione caratterizzata da un forte senso di chiarezza e immediatezza. I suoi lavori appaiono per la prima volta online nella pagina social “Khartoon!”, che combina la parola “cartoon” con il nome della capitale del Sudan, Khartoum. Taglienti e dirette, le sue illustrazioni divengono virali e portano Khalid Albaih nel 2016 a prendere parte, assieme ad altri dieci artisti, al progetto The Story of Civil Rights is Unfinished, che attraversa gli Stati Uniti per osservare la reazione dei suoi abitanti ai cittadini di altri paesi. Nel 2019 l’Istituto di Cultura Tedesca a Khartoum commissiona a Albaih un progetto collettivo che si traduce nella realizzazione di un libro d’arte focalizzato sulla storia del Sudan, alla cui realizzazione partecipano trenta artisti sudanesi. Nel 2020 il suo progetto online When The World Closed offre spazi pubblici e protetti agli artisti di tutto il mondo che non sono in grado di produrre o esporre le proprie opere, mentre nel 2022 approda a Kassel in occasione di Documenta e presenta l’installazione sonora The Walls Have Ears, dedicata ai richiedenti asilo in Danimarca.

La ricerca artistica di Khalid Albaih si intreccia indissolubilmente con il suo approccio curatoriale e con la tensione all’art-ivismo. I suoi lavori restituiscono visioni analitiche del panorama contemporaneo e si estendono a una vasta rete di collaborazioni, che a Brescia si è tradotto in un forte coinvolgimento della cittadinanza stessa e di alcune associazioni che operano nel sociale quali l’Associazione K-Pax ONLUS, ADL a Zavidovici, Afrobrix e Centro Migranti ETS, con cui l’artista ha lavorato per la realizzazione di alcune sezioni della mostra. Oltre alle opere Toub e Haboba, realizzate ad hoc per il progetto espositivo bresciano, che hanno visto il lavoro di artisti locali intrecciarsi con quello di Khalid e di un altro artista di origini sudanesi, Khalid Shatta, per dare forma a una riflessione che l’artista fa rispetto al suo luogo d’origine, Albaih ha realizzato per Brescia anche la coinvolgente installazione Camp: un’opera resa possibile proprio grazie all’incontro avuto tra l’artista e sei persone residenti in città che si sono prestate a raccontare la propria storia e il proprio percorso intrapreso per arrivare in Italia.

L’esposizione è supportata da Artists at Risk connection, un programma di Pen America, e da Pelma che ha contribuito con una sponsorizzazione tecnica alla realizzazione dell’installazione Haboba, che sarà presente in mostra.

La mostra è accompagnata da un ricco catalogo edito da Skira, che con questo lavoro pubblica per la prima volta in italiano l’artista Khalid Albaih, con testi di Elettra Stamboulis e con un contributo autografo dell’artista e da una audioguida gratuita, fruibile dai visitatori attraverso il proprio smartphone, che propone una passeggiata con la curatrice attraverso le sale della mostra.

Completano il progetto espositivo un public program denso di proposte per tutte le fasce di pubblico, su tutte l’appuntamento fisso, ogni sabato del mese, a partire dal 9 novembre, con la visita guidata alla mostra e un cartellone di incontri per le scuole di ogni ordine e grado della città e della provincia che inaugurano, sempre sabato 9 novembre, con il talk di Khalid Albaih. Il cinema Nuovo Eden, l’arthouse cittadina dedicata al cinema d’essai e gestita da Fondazione Brescia Musei, dedica invece una Carta bianca a Khalid Albaih: quattro film selezionati dall’artista sudanese, che esplorano storie di resilienza, identità e diaspora, temi centrali sia nella sua arte sia nelle sue riflessioni.

IL PERCORSO ESPOSITIVO
La mostra presenta l’eterogenea produzione grafica e installativa dell’artista e attivista sudanese Khalid Albaih. Suddivisa in quattro sezioni tematiche ispirate dal romanzo La stagione della migrazione a Nord dello scrittore sudanese Tayeb Salih, l’esposizione percorre l’opera di Khalid Albaih anche attraverso nuove installazioni appositamente realizzate per gli spazi del Museo di Santa Giulia, dei video e una selezione di disegni politici e cartoon che hanno segnato la sua carriera.

Apre la mostra la sezione La stagione della casa, in cui si ripercorre il tema dell’identità e dell’appartenenza, una costante nella vita dell’artista. Nato in Romania, cresciuto in Qatar, residente in Norvegia, Khalid Albaih ha pensato a lungo a come definire la propria origine. La prima installazione è Toub: realizzata in collaborazione con l’artista sudanese Khalid Shatta, rievoca il cortile polveroso della centenaria casa di famiglia in Sudan, distrutta dalla guerra, dove Khalid giocava da bambino tra i tradizionali toub (abiti delle donne sudanesi) stesi ad asciugare al sole. Un’installazione realizzata appositamente per gli spazi del Museo di Santa Giulia, che fa rivivere i ricordi d’infanzia e invita a riflettere sulla condizione delle donne sudanesi, spesso costrette a fuggire senza poter portare nulla con sé.
Il visitatore viene poi accolto da Haboba, il nome con cui affettuosamente viene chiamata la nonna nelle famiglie sudanesi (da habibi, in arabo “il mio amore”), un’installazione che ricrea l’intimità dello spazio domestico. L’artista invita il pubblico a sedersi accanto a una morbida scultura, realizzata in collaborazione con gli artisti bresciani Marcello Gobbi e Davide Sforzini, che rievoca la figura della nonna sudanese, giunto di trasmissione delle tradizioni e punto di forza del nucleo familiare. Haboba è rappresentata su un angareeb, il letto reale nubiano che, nella cultura sudanese, simboleggia la vita e la morte e che accompagna l’uomo dalla nascita al matrimonio, fino alla morte.

La seconda sezione, La stagione della matita acuminata, raccoglie i disegni politici che hanno reso celebre Khalid Albaih, quando nel 2008 ha iniziato a condividere in rete i suoi lavori nella pagina social Khartoon! (combinando la parola “cartoon” con il nome della capitale del Sudan, Khartoum). Khalid Albaih utilizza le immagini come riassunti visivi di questioni aperte e solleva così discussioni in rete, fornendo ispirazione per stencil e murales, come è accaduto in particolare nell’ambito della Primavera araba e della Rivoluzione egiziana di Piazza Tahir del 2011. I suoi lavori hanno attirato nel 2016 l’attenzione di Omar al-Bashir, capo del regime autoritario che ha governato il Sudan per quasi trent’anni, impedendogli di poter tornare liberamente nel suo paese d’origine.

La terza sezione è dedicata al tema della migrazione con La stagione dell’attraversamento dei confini. Il pubblico è accolto dall’istallazione Camp, già presentata al Museum of Contemporary Art di Jacksonville nel 2019 e rielaborata per l’occasione, che simula un campo profughi dove le tende sono rappresentate da grandi passaporti. I documenti corrispondono alle storie di sei persone provenienti da Afganistan, Gambia, Moldavia e Senegal e oggi residenti a Brescia, che Khalid Albaih ha conosciuto durante la sua residenza in città. All’interno delle “tende/passaporti” è possibile ascoltare i toccanti racconti in lingua originale dei viaggi intrapresi da queste sei persone, conoscendo le loro storie e seguendo, tramite una mappa tracciata dall’artista, i loro spostamenti per arrivare in Italia.
Camp invita a riflettere sulla disparità di potere tra i passaporti dei paesi occidentali e quelli degli Stati dai quali si muovono i migranti, portando il visitatore a confrontarsi direttamente con la complessa e scontrante burocrazia dei visti d’ingresso.
A completare questa sezione, lo spazio immersivo Bahr (in arabo “mare”) racconta, attraverso video ripresi dai protagonisti e dai soccorritori, la lotta di chi attraversa il mare per superare i confini.

Il percorso si conclude con La stagione dell’agire artistico come possibilità di cambiamento, che esamina il ruolo di Khalid Albaih intellettuale curatore e attivatore di reti di collaborazione. Fulcro di questa sezione è il volume Sudan Retold: an Art Book About the History and Future of Sudan, curato dall’artista insieme a Larissa Diana Furhrmann, edito nel 2019 e sostenuto e coordinato dal Goethe-Institut Sudan. Un libro d’arte che offre una visione autentica e non mediata della storia e del futuro del Sudan attraverso le testimonianze di 31 tra artisti, scrittori, designer, fotografi e un cuoco, tutti sudanesi.
Completano la sezione materiali vari che rievocano lo studio dell’artista, libri, taccuini e leaflet, e un video, The story of civil rights is unfinished, che genera da un progetto artistico costituito da un viaggio intrapreso dall’artista stesso negli Stati Uniti nel 2016 in vista dele elezioni presidenziali americane, per esplorare il movimento per i diritti civili e metterlo in relazione con le analoghe lotte condotte nel mondo arabo.

 

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Ph. Alberto Mancini. Courtesy Fondazione Brescia Musei.

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