LA CONQUISTA DELLO SPAZIO

Intervista a Paola Angelini

di Valentina Tebala

Una breve conversazione con la pittrice marchigiana Paola Angelini, sulla sua ultima mostra presso la Galleria Nazionale delle Marche e su un rinnovato approccio all’indagine pittorica.

Valentina Tebala/ Paola, raccontami dell’importante esperienza che hai appena concluso, la tua personale ‘La conquista dello spazio’ nei sotterranei del Palazzo Ducale di Urbino.

Paola Angelini/ Qualche mese fa sono stata invitata da Riccardo Tonti Bandini a partecipare ad un ciclo di mostre personali per lo ‘Spazio K’ all’interno della Galleria Nazionale delle Marche. Ciascun artista invitato poteva relazionarsi con lo spazio delle antiche cucine come più riteneva opportuno. Prima di tutto ho trascorso alcune ore all’interno dello spazio buttando giù diverse idee. Ho visitato più volte la collezione di Palazzo Ducale e raccogliendo diversi spunti ho trascorso alcuni mesi nel mio studio nelle Marche per realizzare il progetto finale. Mi trovavo in un momento di transizione delicato e importante per il mio lavoro. Avevo deciso di lasciare la mia casa a Gent in Belgio e di trovare in modo più stabile uno studio nella città in cui sono nata, San Benedetto del Tronto. Questa scelta, abbastanza radicale per me, mi ha portato anche a ripercorrere criticamente alcune tappe del mio lavoro. La mostra a Palazzo Ducale è stata in un certo senso una volontà di sondare il sondato riprendendo dei lavori già esistenti, modificandoli, sezionandoli, smembrandoli e ricostruendoli. Ho creato così una sorta di ambiente mentale in cui mi sono mossa su diversi livelli con molteplici linguaggi. Avevo davanti a me immagini, storie, oggetti, dipinti, provenienti da periodi e approcci diversi, allineati tutti su uno stesso “tavolo” di azione da cui attingere e su cui fare un nuovo studio sull’approccio e sul processo di lavoro. Muovendomi tra i vari linguaggi, ho lavorato a creare un’unica immagine unitaria all’interno di questo bellissimo luogo.

VT/ Quindi le opere che hai presentato – dai grandi dipinti e scultura in cartapesta fino all’autoritratto su tela ripiegata – sono nate tutte in periodi differenti? Che tipo di lavoro hai sviluppato qui nello specifico?

PA/ Come dicevo, tutti i lavori provengono da periodi diversi della mia ricerca ma ciò che li tiene uniti è l’idea di servirsi di alcuni di questi attraverso un nuovo punto di vista, avulsi dal loro significato iniziale e dal loro contesto: ciascun lavoro è divenuto funzionale alla costruzione di questo nuovo approccio. Per esempio, la scultura in cartapesta è stata esposta in versione integrale a Venezia in occasione della mia personale ‘Regio’, presso la Galleria Massimodeluca. È stata poi riesposta in parte presso il Museo Palazzo Pretorio di Prato, e per questa occasione ho sezionato l’intera struttura alta più di quattro metri in diverse parti ridipinte con molteplici strati e l’ho ricomposta quasi integralmente su un tavolo. È divenuta così un altro oggetto che porta in sé la sua storia, ma le evidenti parti sezionate mantengono la traccia di un nuovo approccio al lavoro che mi interessa ancora approfondire. L’installazione delle nove tele a muro di grandi dimensioni è composta da lavori inediti e da altri, come il dipinto Senza Pietà, già esistenti e presentati in altri progetti che ho voluto modificare e mettere in discussione. L’autoritratto è una tela piegata e installata a terra: si tratta di un dipinto con una sua compiutezza, in parte è stato celato e ha avuto in questo caso una nuova chiave di lettura. In ogni componente del progetto ho celato alcune parti, rendendo più o meno evidente questa volontà. In modo ironico ho installato all’interno dell’antico camino delle cucine una grande tela verticale, l’unica ad essere esposta isolata; di impianto narrativo, mantiene in sé la volontà di dialogare con lo spazio di Palazzo Ducale e con la sua storia. Ha rappresentato un momento all’interno del percorso della mostra più intimo, di riflessione e di avvicinamento.

VT/ Progetti per il futuro?

PA/ Molto semplicemente ora ho l’idea di costruirmi al meglio uno spazio di lavoro, cercare un ambiente adatto alla mia ricerca e concentrarmi in modo sempre più strutturato su alcuni progetti a lungo termine.

Dall’alto: dalla personale di Paola Angelini “La conquista dello spazio”, veduta dell’installazione. Autoritratto, 2017. Tecnica mista su tela, 270×210 cm. Foto di Michele Alberto Sereni. Per entrambe courtesy dell’artista.

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