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LA RIVOLUZIONE VERDE DELLE CITTÀ

– Loredana Barillaro 

Con Andrea Boschetti, Annacaterina Piras, Lucia Nusiner

Vedere il presente ed il futuro delle città attraverso uno sguardo rivolto al paesaggio, alla natura, sotto una forma che potremmo forse definire di “vegetazione urbana” che sia essa adornante o che si palesi anche con una sua utilità, ad esempio sotto forma di “orti urbani”. Un ridisegnare gli spazi delle città a partire da un contesto umano, ripensare il paesaggio per ripensare la società e le comunità come prolungamento di sé nell’insieme. Trovare strumenti per far sì che le comunità non siano avulse e distanti dallo spazio che osservano, vivono e che respirano, ma siano in crescente riconnessione con esso, in risposta e opposizione ad una talora, parallela, cultura del cemento. È possibile una sempre maggiore “rivoluzione verde” nelle città? Confini e punti di unione fra i concetti di Paesaggio Urbano e Land Art, si può parlare di una Land Art Urbana? 

Considerare il futuro delle città mettendo al centro del dibattito le aree comuni e il verde pubblico non solo è possibile ma è assolutamente necessario. Se da un lato è vero che questo tema è già da tempo in discussione, dall’altro è innegabile che sarebbe necessario venisse affrontato in modo programmatico, allineando teoria e tecnica, intenzioni e progetti, necessità e norme. Oggi la vegetazione urbana è costituita da parchi e giardini, dalle piste ciclabili e – in tempi recenti – da quello che viene definito “il verde verticale”, che trova massima espressione nell’opera del botanico inglese Patrick Blanc. A queste categorie c’è da aggiungere quello che Gilles Clément definiva “il terzo paesaggio”: le aree verdi spontanee, che in città prendono possesso delle aree abbandonate dall’uomo. Dalle fabbriche dismesse alle erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico, questo è “un verde del nonostante”, un’alterazione importante che rimane fondamentale per la preservazione della diversità biologica. Ma come programmare lo sviluppo verde delle città? Come assoggettarlo alle necessità dei cittadini includendo anche le aree periferiche in questo processo? E come renderlo iconico, Land Art? Un primo lavoro – che deve essere svolto dalle municipalità – è quello di mappare le cosiddette aree “in between”: il vuoto interstiziale che può diventare luogo della sperimentazione e che deve guadagnare la stessa dignità dello spazio costruito. In questo senso, a Milano, il nostro lavoro sul PGT (piano di governo del Territorio) si è sviluppato enfatizzando grandemente il ruolo degli scali ferroviari, delle aree dismesse, lo studio sulla mobilità, la Circle Line… Se i piani regolatori sicuramente rimangono lo strumento privilegiato per definire lo sviluppo delle città e dei suoi servizi, probabilmente oggi più che mai è necessario che si ragioni su un nuovo sistema normativo che leghi indissolubilmente la comunità al territorio attraverso nuovi spazi di condivisione. Un esempio da cui partire è offerto dalla storia dei POPS (privately owned public spaces), una norma introdotta dallo stato di New York nel 1962 che incoraggia il privato a rendere disponibile ad uso pubblico aree di sua pertinenza in cambio di alcune agevolazioni. Dal 1962 ad oggi – grazie ai POPS – New York si è arricchita di oltre un milione di metri quadrati di spazi pubblici: aree verdi, piccole e grandi piazze, aree di passaggio. A mio avviso, l’introduzione di una norma di questo tipo, potrebbe avere conseguenze inaspettatamente felici nella riqualificazione delle nostre città: sebbene nella cultura mediterranea la commistione pubblico-privato è da sempre argomento spinoso, in termini architettonici e progettuali ritengo debba essere un pensiero da diagrammare. L’introduzione di una norma simile a quella americana, lavorando sulle intenzioni, andrebbe a stimolare un nuovo percorso progettuale anche in termini di modificazioni architettoniche e tipologiche: accanto ad una rivalutazione dei sopracitati spazi “in between”, interessanti sarebbero i risvolti nella progettazione residenziale, con tetti che potrebbero diventare terrazze da cui ammirare lo skyline, e cortili che potrebbero diventare orti, giardini o aree gioco comuni. Da architetto questo tema mi affascina e ritengo sarebbe veramente interessante se il processo creativo che ha portato un artista come Christo a ideare The Floating Piers, si rovesciasse a favore degli spazi comuni cittadini dando forma ad una Land Art urbana nella quale il verde si insinuasse tra il cemento dando nuovo valore ai vuoti e restituendo interi brani di città all’uso collettivo.

Andrea Boschetti

Andrea Boschetti è Fondatore dello Studio Metrogramma di Milano.

Così come non è possibile parlare di città senza pensare alle comunità che le compongono, non è possibile parlare di resilienza del paesaggio urbano, senza passare per l’inclusione sociale. Oggigiorno i nostri paesaggi culturali non sono più soltanto la stratificazione di quel sofisticato mosaico socio-ecologico che è andato sovrapponendosi nel tempo, ma sono il risultato di un turbinio di flussi di genti, merci e servizi che li attraversano, lasciandovi una moltitudine di segni aperti, più che mai, a molteplici interpretazioni. Nell’ambito disciplinare si assiste ad un rifiorire e ad un proliferare di pratiche urbane partecipate, che contribuiscono alla ricerca impellente e spasmodica di risposte in merito alla costruzione comunitaria di luoghi di senso, caratteristica fondamentale del
progetto della città. Pensando a una sorta di rinascimento nell’ambito del paesaggio urbano, il mio lavoro degli ultimi anni, il LWCircus con le Officine Creative Condivise ArnoLabs in particolare, si incentra intorno alla sperimentazione attraverso linguaggi artistici e multimediali, che tramite il mezzo dell’arte nel paesaggio, possano ridare senso ai luoghi e ricostruire quelle modalità di vivere e valorizzare il paesaggio, tipiche dei tempi in cui le comunità contribuivano fattivamente alla costruzione delle loro città. In questo senso si indirizza la mia ricerca, attraverso la creazione di un progetto (LWCircus), necessariamente partecipato, che vede attraverso una fitta collaborazione, le comunità locali con le loro minoranze, lavorare nell’ambito di paesaggi urbani in contesti di pregio, per la condivisione e la costruzione di luoghi di scambio e interazione, verso l’inclusione sociale, dando vita a installazioni effimere tra arte e paesaggio, verso ciò che potremo definire Land Art Urbana. In tutto ciò i protagonisti sono i luoghi e le genti che ivi vi interagiscono a vario titolo, comunità locali, minoranze di vario genere, amministratori deputati alla loro gestione, che sollecitati da una comunità creativa multidisciplinare e internazionale, attraverso l’utilizzo di linguaggi artistici e multimediali, rivisitano la memoria storica dei luoghi interessati, verso futuri plausibili sempre più resilienti e inclusivi. Il “goal/focus” del mio lavoro risulta essere il rimettere in connessione i diversi attori a vario titolo preposti alla gestione della componente paesaggistica dei contesti urbani contemporanei, tramite Officine Creative Condivise, esperienze intense dove i diversi ambiti di appartenenza dei protagonisti risultano disparati e la componente pluri-disciplinare e multiculturale fondamentale, per la sperimentazione empirica sul campo e la successiva fase di osservazione e valutazione dei risultati, quali possibilità di produzione di spazio simbolico attraverso occasioni di espressioni effimere, che contribuiscano a generare spazio di conoscenza e relazione, caratteri fondamentali del progetto della città.

Annacaterina Piras

Annacaterina Piras è Architetto, Cartografo, Phd in Architettura del Paesaggio. Coordinatore Scientifico LwCircus. LwCircus-Onlus | Fi-Ro-Cdmx.

Il verde nelle città è molto utile, a parte per le note condizioni climatiche migliorative, soprattutto per il benessere che dona ai cittadini. Si chiama “bio-filia” questo sentirsi in armonia nella natura, che si rifà al nostro DNA e ha radici lontane, quando l’uomo primitivo viveva il 90% del suo tempo a contatto con la natura. Lo Studio GPT, nel tentativo di sviluppare il paesaggismo, organizza da sei anni l’evento “I Maestri del Paesaggio”, in cui la Piazza Vecchia, più importante luogo di Bergamo Alta, borgo medioevale, si veste per quindici giorni come un giardino, con tipologie diverse ogni anno. La realizzazione temporanea è stata progettata per i primi tre anni da me e, a seguire, da paesaggisti di fama internazionale come Andy Sturgeon, Peter Fink, Stefan Tischer, Lodewijk Baljon. I cittadini ora attendono questa manifestazione per vedere come si vestirà la Piazza Vecchia, per poterne godere in modo non convenzionale, per accedere ai diversi convegni e momenti conviviali vivendo gli ultimi giorni d’estate in un clima di cultura, vacanza, gioco, intrattenimento. Intanto si diffonde la cultura del giardino e del paesaggio, spesso ancora cenerentola nella mentalità degli italiani.

Lucia Nusiner

Lucia Nusiner è membro del team dello Studio GPT di Bergamo.

Dall’alto: Andrea Boschetti in uno scatto di © Filippo Avandero. Un ritratto di Annacateria Piras. Un ritratto di Lucia Nusiner, foto: © Leonardo Tagliabue.

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