LWCircus | SailingLab020

Workshop itinerante di una comunità creativa tra paesaggi resilienti del Mediterraneo

di Manfredi Leone

Le regioni geografiche tra Sardegna e Corsica sono sempre state terre di conquista e migrazioni di elementi antropici e naturali (uomini, animali e piante). Sin dalla preistoria, lungo i secoli, queste coste sono state abitate da comunità di scopritori, coloni e monaci, che hanno eretto i loro edifici costruendo una geografia antropica, segnandone la storia dei luoghi. In un paesaggio primordiale il Mediterraneo incontra qui i banchi di granito delle frastagliate coste dell’arcipelago sardo-corso, la macchia mediterranea costruisce un tappeto vegetale ricco e diversificato che si spinge fino al mare. Nel viaggio intrapreso dall’equipaggio del LWCircus, alla riscoperta di questi paleo-paesaggi, in un tempo flagellato dalla pandemia, che ha obbligato l’umanità a riconsiderare il proprio modo di stare insieme e vivere i luoghi, il richiamo della natura è stato fortissimo, i segnali percepiti sono stati ascoltati con attenzione, rispetto e pazienza. La comunità creativa del LWC intraprende l’esplorazione, quasi si perde per ritrovarsi attraverso il viaggio, riscoprendosi gruppo di navigatori, esploratori, osservatori. Lungo il cammino appare una chiaría costiera, un tappeto di graminacee, fiancheggiato da cespugli e, sul fondo, una parete verde che spicca tra il granito rosa, elemento caratteristico della costa rocciosa. La radura, leggermente depressa sotto la quota delle dune in perenne movimento punteggiate dal giglio bianco della sabbia e da ciuffi di euforbia, sembra il risultato delle piogge invernali, asciutta nella stagione secca, di un colore verde con sfumature giallo paglia.

Mirto (Myrtus communis), Ginepro (Juniperus phoenicea), Tamerice (Tamarix gallica), Lentisco (Pistacia lentiscus), sono tra le specie più presenti, contornate dai cespugli di Juncus acutus, tappeti di Elicriso (Helycrisum italicum), macchie di Sedum. Tutte queste specie, costituenti parte di un insieme d’eccezione per l’altissimo valore ecologico, seppur rappresentando un incanto associativo, rivelavano le proprie criticità, essendo il Ginepro aggredito e soffocato da licheni, oltre che provato dalle aspre condizioni ambientali, che col vento e salsedine scolpiscono, durante l’anno, queste essenze antichissime e mitologiche. In questo scenario fantastico, ove, sullo sfondo a nord-ovest, la costa frastagliata dell’isola di Razzoli e il suo faro sono di guardia alla baia sabbiosa, protetta da quasi tutti i quadranti, la comunità di architetti, paesaggisti e artisti ha deciso di mettersi alla prova, attraverso un nuovo modus operandi, nuovo stimolo nel dibattito disciplinare in atto, un cambio di paradigma nell’approccio progettuale, una nuova modalità di interazione con i molteplici elementi del sistema. Alla ricerca di un approccio al progetto che fosse completamente sostenibile, il gruppo ha sperimentato un’architettura dell’ascolto, “adattiva” e simbiotica, assecondando la vocazione del luogo. Sperimentando una nuova posizione rispetto ad approcci al progetto più consueti e canonici, l’equipaggio del LWCircus ha sperimentato la modalità dell’ascolto, constatando sul campo che resilienza è anche scoperta, rispetto, interpretazione e osservazione. Si cerca un luogo per costruire un nuovo rifugio, uno “shelter” dove ospitare chi vuole ricostruire la propria dimensione di relazione primordiale con la natura, spoglia da sovrastrutture. Il paesaggio guida così le azioni, la luce e l’ombra le sostengono: il rifugio si disvela, appare che non è ancora un rifugio, ma racconta alla vista le sue qualità: uno squarcio nella selva si apre accogliente, ancora carico di sovrapposizioni e non del tutto pronto a ricevere nuova vita, ma tra le fronde del ginepro e del mirto la luce filtra e il paesaggio invadente promette esperienze. Negli anni l’esercizio del gruppo creativo del LWCircus ha interpretato le comunità resilienti attraverso l’elaborazione di installazioni tra arte e paesaggio, che si ispirano a elementi evocativi, questa volta il genius loci orienta l’azione alla sottrazione, più che all’addizione.

Nasce un’architettura dello scavo: una sapiente potatura libera i rami e le chiome dei ginepri, offrendo nuova vita al Mirto, scoprendo rocce affioranti che ne ri-definiscono lo spazio, facendo riemergere il suolo nella sua purezza e, tra le chiome a Nord-Ovest, scorgere il paesaggio delle scogliere di Razzoli, che invade il rifugio attraverso la luce cristallina e calda che il mare contribuisce a diffondere. La selva oscura della scoperta, diventa quindi un ventre accogliente, tramutandosi in locus amoenus, i tronchi del ginepro punteggiano lo spazio vuoto, rivelato attraverso lo scavo, definendone il ritmo, mentre il granito che sorge dal suolo lo fortifica, fungendo al tempo stesso da baluardo e soglia, il sole regala squarci di luce che si alternano all’ombra ristoratrice, avvolgente e protettiva. Varcando l’entrata, la “porta”, si percepisce il cambio di dimensione spazio-temporale, lo “shelter” ti racconta di un paesaggio antico, una solida roccia si rivela, quasi in posizione sacrale, davanti all’apertura che volge al tramonto, un altare laico. Un morbido ramo di ginepro suggerisce l’ispirazione verso una posizione che invita al ristoro del corpo e della mente. Il mare regala altro legno per aggiungere piccole forme e consolidare lo spazio: con i legni sbiancati dal sale si costruisce una chaiselongue che sapientemente accoglie luce, cielo e paesaggio, offerti dalle strategiche aperture zenitali, e dal grande varco aperto a Nord Ovest, rivelando una “costruzione” per sottrazione, quasi scolpita, un’esperienza etnobotanica.

Equipaggio LWCircus:

Annacaterina Piras (Coordinamento), Emanuele Montibeller, Chiara de’ Rossi, Wassim Chamoun, Manfredi Leone (critica e realizzazione), Andrea Faggioni + Chiara Baldi (fotografia), Martin Tadilli, Silvia Spiriti, (riprese video e regia), Gavino Murgia (musiche).

Per entrambe: SailingLab020, foto © ChiaraBaldi. Courtesy LWCircus.

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