di Loredana Barillaro
Riflessioni da “Arte, amore e altri guai” di Alessandra Redaelli
Newton Compton Editori
Scoppiettante. E’ questo l’aggettivo che secondo me meglio qualifica ogni aspetto di questo romanzo. Scoppiettante la trama, scoppiettante il tono, scoppiettante la protagonista, Martina Casati, la quale ben rappresenta il “disperato” mondo di chi si arrovella fra lavoro, casa, famiglia e situazioni da gestire e da tenere a bada. Certo è che “Arte, amore e altri guai” non è un romanzo qualunque, ha un qualcosa in più a sottolinearne il carattere, l’Arte. Perché è attorno a questo fatidico mondo che le giornate di Martina ruotano, sempre in bilico fra entusiasmo, autostima ed il sentirsi spesso inadeguata rispetto ad un contesto lavorativo che in fondo, a sua insaputa, la apprezza e ne riconosce il valore. La vita di Martina è paragonabile ad un quadro di Pollock, la stessa forza, la stessa dirompenza, la stessa ebbrezza.Questo non è un manuale di storia dell’arte ma Alessandra Redaelli ci spiega perfettamente che cos’è l’arte, ce la fa amare, ce la racconta e, come nell’analisi più dettagliata di un’opera d’arte, ella ne presenta i più intimi particolari, un colore, una luce, un profumo, finanche le pantofole dell’artista. Riesce ad infilare l’arte, un mondo, uno stile e molto altro in maniera rilassata e spontanea in una vita “qualunque”, fatta di normalità (figli, marito – forse fedifrago – amiche un po’ pazze, genitori ribelli alle prese con una seconda adolescenza, e tanto altro ancora). Cosa può aggiungere l’arte a tutto questo, solo un bel contorno? No, credo piuttosto sia un’aura di cui non si può fare a meno, imprescindibile per salvarci dalla routine, uno straordinario antidoto in un romanzo fatto di intrecci, incontri di storie che da sole si tessono. Un modo “leggero” di leggere e narrare lo star system dell’arte contemporanea; l’autrice ne sposta il punto di vista e gli artisti sono solo in parte i protagonisti.
Di norma chi si occupa di arte mira a raccontare gli artisti attraverso il loro lavoro, ma quasi mai mediante le loro vite private, la loro quotidianità. Qui è diverso, e una giornalista esiste non solo e non più per il suo lavoro, ma per quello che è: la sua vita, i suoi dilemmi, le sue capriole e i salti funambolici per superare grandi e piccoli ostacoli. Ecco, il bello di Martina “#seituttenoi” Casati è esattamente questo, è lei! Esiste non perché racconta, ma perché in fondo quel racconto lei lo vive, ne è parte. Non possiamo pensare che l’arte e gli artisti si “raccontino da soli”, c’è qualcuno che li ama, li coccola, fa i salti mortali per dire del loro lavoro, ma al giornalista, al critico, al gallerista chi ci pensa? Quante volte si chiede loro cosa fanno, come stanno, cosa pensano o sentono? Alessandra Redaelli fa esattamente questo, mette l’accento sul “dietro le quinte”, e lo fa in un modo bellissimo, divertente, fresco. Una straordinaria attenzione ai dettagli, tanto nel descrivere le “nevrosi” di Martina, quanto nel presentare straordinarie opere d’arte, studi d’artista e personaggi al cui cospetto ci sentiamo davvero dei novellini. Personaggi in cui l’autrice è probabile trascriva la sua esperienza, i suoi incontri, presentandoci un campionario di umanità che non si fa fatica a credere reale, la raffinatezza dei dettagli quasi ci dice di chi stia parlando. E riesce mirabilmente a non distrarci da quello che è il lavoro di Martina; le opere, gli ambienti, le personalità e le vicissitudini degli eccentrici e affascinanti personaggi ci dicono che anche la “normalità” può appartenere a questo straordinario mondo. E’ incredibile come l’autrice sia riuscita a mettere infiniti, e a volte piccoli, particolari tutti nello stesso libro e a dar loro la stessa luce. Alessandra Redaelli giunge a farci assaporare le cose, a farci sentire gli odori dei colori, dei materiali e anche quel leggero fastidio che si prova, talora, davanti ad opere di dubbia originalità, nel tentativo perenne di generare scandalo. Non c’è cesura fra la vita rocambolesca di Martina e le vicende legate all’arte, tutto si incastra in modo spontaneo. Martina è una donna “in carne ed ossa” non è un personaggio aleatorio, finto, lei esiste, è vera e a volte insicura, caratterizzata da quel senso di inadeguatezza che la fa sentire spesso come un pesce fuor d’acqua, con un’autostima che oscilla fra i tacchi delle scarpe e le caviglie, ma che ha anche un’autoironia che le permette di affrontare tutto nel modo giusto e che ce la fa inevitabilmente piacere. Martina è ebbra di vita – e non solo sul finire del romanzo – ma sin dalle prime pagine il suo modo di affrontare le situazioni, in un senso o nell’altro, è totale, assoluto, carico di pensieri, sentimenti e sensazioni, tutto all’ennesima potenza. Martina ci piace perché il suo modo di approcciare alla vita, così come all’arte, è ironico e sarcastico, sa che è bello non prendersi troppo sul serio, riuscendo a farci sorridere al cospetto di un mondo, fatto di situazioni, vicende e individui, a volte anche un po’ grottesco. Ecco perché Martina ci somiglia e questa è una storia, secondo me, più vera del vero. Brava Alessandra Redaelli.
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