di Loredana Barillaro
in occasione della personale presso la Galleria Nazionale di Cosenza dall’11 dicembre al 31 gennaio 2022
Loredana Barillaro/ Pietro, “Nella Notte” è il titolo della tua personale che il 4 dicembre aprirà nelle sale della Galleria Nazionale di Cosenza, cosa puoi anticiparmi?
Pietro Finelli/ Visitai la Galleria alcuni anni fa per la prima volta e mi colpì molto la qualità di alcuni dipinti antichi in mostra, di autori del ‘600 come Giovan Battista Caracciolo detto il Battistello e di Luca Giordano. Erano artisti più o meno contemporanei di Caravaggio ma la loro pittura, spesso letta in riferimento alle influenze caravaggesche, secondo me aveva un proprio spessore semantico legato al periodo storico, allo Zeitgeist del tempo. E questo vale per tanti artisti del tempo, come Guido Reni, Guercino, per attenerci all’Italia, ma potremmo includere anche Rembrandt. Praticavano una pittura il cui splendore non proveniva dal tema, ma dal corpo stesso della pittura. Questo per me era estremamente contemporaneo. Aldilà dei temi e rappresentazioni coeve di quegli artisti. Per cui quando c’è stata la possibilità, parlando con i responsabili della Galleria, ho ritenuto che organizzare una mostra a contatto con queste opere, fosse un modo e un’occasione di ripristino dialogico fra le mie opere e quelle di questi artisti. Intendo ripristino nel senso di continuità di un discorso fra epoche, che attualizza nel momento storico in cui viviamo, non semplicemente l’opera di questi artisti con il semplice accostamento di opere contemporanee o, peggio ancora, grazie a un citazionismo postmoderno le cui propaggini stentano ancora a eclissarsi. Piuttosto, come nel mio caso, la dialogicità si stabilisce attraverso quel “paragone con li antichi” di cui Raffaello scrisse nella celebre lettera al Castiglione: riscoprire i processi culturali dei classici in via dinamica e non passiva.
LB/ Che atmosfera si respira nei lavori che osserveremo, anche in relazione al rapporto che si determina a contatto con le opere della collezione dello spazio museale?
PF/ Sono opere recenti e degli ultimi anni, oli su tela, disegni, video. Gli oli troveranno una collocazione interstiziale, alcuni, tra le opere del museo. I disegni saranno esposti nell’ala moderna della Galleria, dove è esposta in maniera permanente la collezione di disegni di Boccioni, un artista a me molto caro. Anche i video, uno inedito, troveranno una collocazione nello spazio tra l’ala della collezione antica della Galleria e quella moderna, rappresentata, come dicevo dai disegni di Boccioni e soprattutto dalla sua celeberrima scultura Forme uniche nella continuità dello spazio.
LB/ Cos’è che ti attrae del cinema noir, qual è il legame fra la pittura e il linguaggio cinematografico che cerchi di far emergere mediante le tue opere?
PF/ Come ho avuto modo di evidenziare e spiegare più volte, la mia fascinazione per l’immagine filmica, deriva dalla consapevolezza dell’intrecciarsi di questa con quella dell’immagine pittorica (per come è presente in molti film di autori di pellicole del cosiddetto cinema classico noir) da una parte, dall’altra l’accresciuta consapevolezza che l’immagine filmica, soprattutto del cinema noir, è forse alla base della texture più moderna e contemporanea del fare arte. La sua apparizione nel periodo storico compreso fra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso ha segnato in maniera molto più radicale delle coeve manifestazioni artistiche, l’immaginario sia artistico sia oserei dire vitale (entrandovi prepotentemente). E ancora oggi lo è, fa parte del nostro sistema visivo-vitale. Ora del cinema noir, per sintetizzare, mi interessa quello che autori come Paul Schrader hanno evidenziato: «visione morale della vita basata sullo stile», «capace di risolvere i conflitti in termini visivi e non tematici». Dove stile non indica contrapposizione forma/tema, ma un’arte che nella sua potenza visuale assorbe e incorpora i temi della rappresentazione e dei conflitti.
LB/ Nel comunicato stampa della mostra si pone in evidenza la contrapposizione fra luce e oscurità, cecità e visione. Sembra quindi che il tutto si giochi su di un necessario dualismo, me ne parli?
PF/ La problematicità del vedere a cui si fa riferimento è connotata all’interno di una dualità di concetti come cecità e visione, luce e oscurità, ma questo dualismo è una esemplificazione di un lungo e necessario lavoro complesso di smontaggio della visione per come ci è pervenuta, qual è il suo significato, come è possibile attraverso la pittura, addivenire a un senso della pittura stessa e della visione che sia fondante per me, per noi, per il tempo in cui viviamo.
Dall’alto: Noir LXXXII, 2021. Olio su tela, 99X130 cm. Chef d’œuvre – Voyage au bout de la nuit, 2020. Olio su tela, 138X188 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.
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