NELLE RAPIDE | Stefania Balestri, Erica Briani Pereyr, Giorgia Calvanelli , Federica Gonnelli, Lucy Jochamowit, Daniela Perego, Elisa Zadi

A cura di Rosanna Tempestini Frizzi di La Corte Arte Contemporanea, Firenze

Inaugurazione Venerdì 16 dicembre 2022, ore 18 fino al 28 Gennaio 2023

Laboratorio 13 – Spazio d’Arte

Un progetto di Olivia Turchi per Associazione Città Sostenibile

Il Conventino Caffè Letterario, Firenze

“Affrontare le rapide di un fiume è sempre impresa coraggiosa. Un piccolo equipaggio su un battello ha da essere consapevole e determinato. Scendere le rapide richiede coraggio e abilità, occhio e rapidità di decisione. Risalirle inoltre richiede una buona quantità di energia. In ogni caso una bella dose di fortuna. Superate le rapide, raggiunte le acque calme, ci sarà motivo di soddisfazione e orgoglio” Rosanna Tempestini Frizzi
 
Ecco un equipaggio di sette donne, artiste:
Stefania Balestri (fotografie e video)
Erica Briani Pereyra (disegni, tecnica mista su carta)
Giorgia Calvanelli (fotografie)
Federica Gonnelli (installazione, assemblaggio di organza e stampa su carta, legno)
Lucy Jochamowitz (disegni, scultura in porcellana, luce)
Daniela Perego (fotografie dipinte e video)
Elisa Zadi (pittura, collage su tessuto)
 

“La pendenza delle rapide genera velocità: ma anche possibilità di vedere più lontano. La loro turbolenza crea ansia: ma anche resistenza. Nella nostra lingua – e in questa esperienza – le rapide sono plurali, e femminili. Lungimiranza, resistenza, pluralità e diversità: una declinazione d’arte e cultura di cui abbiamo davvero bisogno”
Tomaso Montanari (dal testo in catalogo)
 
“Niente del prima sarà uguale dopo” è un racconto per immagini nel quale l’artista ha riletto i suoi primi giorni di quarantena, la svolta e la ripartenza, composto da 12 scatti. Un diario privato nel quale ha utilizzato l’elemento autobiografico e intimo per permettere l’analisi generale del tema condiviso. 12 scatti concatenati per analogie e difformità, sia nell’aspetto esteriore quali forma e colore, sia per aspetti, qualità e caratteri intrinseci delle singole immagini, per coincidenza, vicinanza, distanza, compresenza spaziale e temporale e infine per equilibri e instabilità. 12 scatti nei quali i limiti, posti vicendevolmente da analogie e difformità, si azzerano alla luce della ritrovata modalità di connessione con la natura. La sequenza si apre con uno scatto aereo, un tappeto naturale che simboleggia il viaggio, la libertà e che pur nella somiglianza visiva si contrappone concettualmente alla seconda immagine del tappeto casalingo che simboleggia l’inizio del confinamento, l’immobilità. Nelle immagini successive, nella ristretta area delimitata dal tappeto e dalla campana di vetro protettiva, si svolge il racconto dello scorrere monotono dei giorni di segregazione. Il tappeto e la campana sono un riferimento e un omaggio diretto e inevitabile al testo della canzone di Bowie/Davis/Murray, nello specifico “Non guardare il tappeto, ci ho disegnato qualcosa di orrendo sopra” – disegnato o fotografato che sia. La quinta immagine rappresenta invece l’abbandono dello spazio ristretto del confinamento, in modo particolare dal punto di vita mentale e psicologico. I due elementi, il tappeto e la campana, restano nella stanza immobili, ma non c’è più alcuna presenza umana, siamo già oltre. Questo senso di oltre coincide con il ritrovamento di una grande foglia, nella quale è impossibile non cogliere le similitudini tra natura umana e natura vegetale. Nel sesto e settimo scatto l’immagine della superficie della pelle e della foglia si affiancano in uno scambio simbiotico, un dialogo, un linguaggio comune, fatto di pori, venature e rivoli. La riconnessione con la natura si concretizza nell’ottava e nona immagine con il contatto tra la pelle e la foglia, che raggiunge il suo apice nella serie di rimandi incrociati che si sviluppano tra gli elementi presenti in queste ultime due immagini e nel decimo e undicesimo scatto. Corpo umano, foglia, lucertola, fiori, si cambiano colore e posizione, in una sorta di chiasma che vuole restituire centralità all’istinto che contraddistingue gli uomini, le piante e gli animali, per ritrovare l’originario e necessario sincronismo che ci lega tutti indissolubilmente, segnando anche la fine della segregazione più dura. La sequenza si chiude allo stesso modo di come si era aperta con uno scatto aereo, che pur volendo essere di buon auspicio, è anche un monito a prestare attenzione al desiderio che tutto torni come prima e alla possibile circolarità degli eventi.
 
Per info:
 
Il Conventino Caffè Letterario, Firenze
 
 
Federica Gonnelli
 
info@federicagonnelli.it
 
 
“NIENTE DEL PRIMA SARÀ UGUALE DOPO”, Federica Gonnelli. Particolare, assemblaggio di organza e stampa fine art su carta Magnani, supporto di legno. 2020.

 

 

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