Or Ora | Un gioco di ossimori di Giuliano Della Casa

di Enrico Turchi

Strettamente legato alla tradizione ancora novecentesca di pubblicazioni “esattissime ma modeste”, il nuovo libro d’artista contenente quindici tavole ad acquerello di Giuliano Della Casa, in dialogo con la più recente produzione della poetessa Laura Solieri, e un racconto di Ugo Cornia. La narrazione ruota intorno alla figura dell’ape, insetto piccolo e prezioso che ben si accorda alla delicatezza intrinseca dell’acquerello, secondo sottili giochi di rimandi tra l’imperscrutabile scorrere del ritmo della natura e le leggi che regolano l’organizzazione della società moderna.

La pubblicazione, su iniziativa di Alessandro Mescoli e Marcello Bertolla, propone una nuova edizione del libro d’artista targato Cichinobrigante, che ha già all’attivo diverse produzioni in cui si è cercato di inverare il rapporto tra arte visiva e scrittura. Più di un anno di lavoro per coordinare le tavole di Della Casa e le parole scelte da Solieri, in dodici componimenti di particolare forma grafica, memore delle sperimentazioni in poesia visiva, concreta e sonora degli anni Settanta. Presentate assieme al libro opera Or Ora. Storie per Gruccioni, Api, Vespe, Bombi e Calabroni lo scorso 30 novembre alla galleria Ossimoro di Sergio Bianchi a Spilamberto, le tavole di Della Casa trovano qui collocazione fino al 7 gennaio 2025.

Forte del ruolo di illustratore per la casa editrice Einaudi nella collana I millenni e della collaborazione con altre importanti riviste letterarie, Della Casa si presta a una nuova esperienza del libro opera con rinnovata spontaneità e ironia, affidandosi anche al gioco “patafisico” che Mescoli propone a chiusura del volume. Una pubblicazione che ammicca alle storiche edizioni Geiger e TamTam nella continuità tra parola, segno e immagine, proponendo nuovi significati alla decifrazione immediata intorno al valore grafico del significante.

Api e vespe sono così insetti e insieme i mezzi di trasporto, i calabroni fanno parte di una nuova S.p.A. con la spinta immorale all’automazione della produzione di miele nel racconto di Cornia, e un gruccione spunta qua e là nel diradare un folto sciame di cui anche l’ultimo componente finisce poi fatalmente tra le fauci del suo fiero becco. Un gioco di ossimori tra le leggi implacabili della natura e la modernità, che non lascia ugualmente scampo all’uomo contemporaneo anche in base ai recenti risvolti politici, economici, sociali. Una prospettiva vissuta con pungente ironia che sottende la bieca crudeltà del reale. Visione romantica della natura che ci trova impotenti e inermi di fronte alle sue manifestazioni più spontanee e lineari, calata nella prospettiva delle innovazioni tecnologiche che sul finire del novecento hanno irrimediabilmente cambiato il nostro stile di vita. Andando incontro al disinteresse e all’abbandono di entrambe queste imponenti sovrastrutture, natura e vita moderna, c’è anche chi risponde con atteggiamento canzonatorio, ammiccando al padre padrone per non venirne calpestati in un silenzio indifferente.

Ecco che scende in campo il gioco della patafisica, scienza delle soluzioni immaginarie che attraverso il segno, il disegno e la calligrafia, propone qui una realtà alternativa, appena tangente a quella normalmente vissuta e condivisa. Una divertente allegoria dai caratteri esagerati e iperbolici, ma anche fantasiosi e gentili, che cerca di svelarci Or Ora e «Nell’oro del qui ed ora … il bagliore del tempo in cui ci siamo sentiti interi», come scorrendo nei versi di Solieri.

Perché l’immaginazione si riveli infine la nostra arma più ferma, da issare con la stessa convinzione con cui ci battono gli aridi e feroci strali del reale.

 

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