PAINT! PAINT! PAINT! | Intervista a Stefano Riboli

a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli|Carmela Cosco/ Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Stefano Riboli/ Il mio lavoro nasce in seguito ad esperienze vissute nel digitale. Spesso ricerco un modo per trasporre sensazioni, concetti e idee da questi mondi virtuali nel reale. La serie Cieli nasce appunto da riflessioni sull’osservazione di paesaggi nei videogiochi: il nostro occhio percepisce queste immagini come reali, terra e cielo, notte e giorno. Il tutto però è completamente surreale: viviamo in un’ora diverse giornate, moriamo, rinasciamo, ci teletrasportiamo e voliamo. Così i dipinti son composti da una sfumatura cromatica a richiamare le cromie spesso esagerate dei cieli dei videogames, ai quale viene sovrapposto un reticolo estratto direttamente dai file 3D dei videogiochi, che spesso si ritrovano a fluttuare senza senso sospesi in aria. L’assurdità di queste realtà è che in un contesto reale ci troviamo di fronte a momenti surreali, dove veicoli prendono il volo, possiamo resuscitare e vivere esperienze che nella realtà possiamo soltanto immaginare. Sebbene l’esperienza è virtuale, per me è fondamentale arrivare ad un oggetto fisico, non amo l’arte digitale in sé stessa, la mia formazione è legata al concreto, vengo da un percorso in cui la materia era centrale.  

AC|CC/ Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale? 

SR/ Essendo per me fondamentale l’oggetto nella sua interezza, vi è un’attenzione quasi maniacale per la precisione. Sebbene i miei lavori pittorici siano essenziali, caratterizzati da pochi elementi, in realtà il processo è molto articolato, la metà dei lavori li cestino perchè imprecisi. Mi appoggio ad un artigiano per il taglio del legno, poi passo diversi prodotti per rendere la superficie adatta ad accogliere le vernici sintetiche. Dopo ore di levigazione con cartavetra, i pannelli son pronti per la verniciatura (per quanto riguarda i lavori più grandi, su tela, i passaggi son leggermente differenti). Vi è poi la fase di verniciatura vera e propria: dopo aver isolato una stanza in maniera ermetica, procedo a verniciare i supporti. Questa fase è delicata per svariati motivi: il nemico principale è la polvere, che sebbene la stanza venga isolata, spesso riesce a depositarsi. Inoltre devo dosare pressione, umidità, quantità di aria, distanza dal supporto e diluizione dei prodotti per evitare gocciolature o problemi di superficie. E’ più un lavoro da carrozziere, mi piace che la mia pittura prenda in prestito dall’industria i processi. Indosso anche una tuta antipolvere, guanti idonei e relativi mezzi di protezione dalle vernici a solvente. Sebbene siano tossiche, sono il prodotto che rende smaltati e riflettenti i miei lavori. Il colore è il migliore sul mercato. Una volta risolti questi passaggi, avviene la fase di stampa. Il file viene creato a priori, quando progetto il dipinto nelle sue cromie e forme. Vi è una fase di Hacking del videogioco da cui estraggo i file tridimensionali, da cui poi esporto i reticoli, che di fatto sono le strutture matematiche che determinano la forma degli oggetti 3D. Diventano linee astratte, tagli geometrici, in altri casi curve morbide. Quando arrivo poi alla fase di stampa non vi è una reversibilità: questi reticoli una volta impressi rimangono tali, non si torna indietro. Dopo aver preso varie misure assieme ad un tecnico specializzato, con un plotter lungo svariati metri solitamente usato per stampare teloni per camion, affissioni e banner, il reticolo viene impresso. E’ un processo quasi magico, dove getti di inchiostro opachi si depositano in maniera precisa su di una superficie lucida. Il contrasto di texture dona movimento al lavoro, che muta in base all’angolazione da dove lo si guarda. Naturale e artificiale, lucido e opaco, morbide sfumature in contrasto con reticoli netti e appuntiti. Proprio come quando giochi a GTA San Andreas e di fronte ad un bellissimo tramonto attivi il trucco per volare: ”Quadrato, giù, L2, su, L1, Cerchio, su, X, sinistra”. Ed ecco che una Mustang si innalza con tutta la sua meccanicità dinnanzi alla bellezza naturale. 

AC|CC/ Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica, con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

SR/ Il supporto per quanto mi riguarda è il 90% del lavoro. Anche quando guardo lavori figurativi, la prima cosa su cui mi cade l’occhio è l’attenzione per la superficie, per la tela, per i riflessi e le opacità. Ho un rapporto di amore e odio con l’attenzione per questi aspetti, perchè ricerco la precisione e la pulizia assoluta, ma allo stesso tempo sono consapevole che non esistono nella loro totalità. Penso che questa fascinazione per la precisione nasca proprio dal fatto che io non sono per niente ordinato e preciso di default; gli oggetti digitali invece sono perfetti, puliti, squadrati: se guardiamo alle lettere che compongono questo testo sono precisissime, pure se provi a fare zoom x200. La realtà è che se le stampi, portandole nel reale, anche usando le migliori stampanti non avrai la precisione assoluta, un minimo difetto ci sarà sempre. Anche gli oggetti industriali come una scrivania, un veicolo o una penna hanno i loro difetti, seppur nel loro insieme appaiono perfetti.Detto questo son soddisfatto dei miei lavori, anche se il processo che li porta a compimento genera tanta sofferenza e spesso mi capita di dover ricominciare da capo.

AC|CC/ Astrazione o figurazione?

SR/ Nasco come pittore figurativo: al liceo andavo nei campi della mia zona per dipingere en plein air, ero proprio ossessionato dal dipingere. Mi affascinava poter cogliere l’atmosfera di un luogo.Pian piano però, mi rendevo sempre più conto che la superficie e il supporto erano per me determinanti: come era importante il colpo d’occhio per osservare un paesaggio, così la percezione del quadro era determinata dalla sua presenza nello spazio. Anche il figurativo se vogliamo è astratto, nel senso che ogni quadro è prima di tutto un oggetto che percepiamo.Il mio interesse attualmente è quello di indagare i rapporti che si instaurano tra l’uomo e le macchine, gli immaginari nuovi che si formano tra reale e digitale: la pittura in senso stretto mi limitava. Potrebbe anche capitare che tra qualche anno mi ritrovi a riprendere in mano i pennelli, se dovesse esserci la necessità di utilizzare questo medium. Attualmente non ne sento il bisogno.

AC|CC/ Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

SR/ Sebbene non ho avuto modo di viaggiare all’estero con il corpo, in realtà ho studiato molto bene le tendenze artistiche di altri stati. Nella prima pandemia, in maniera molto scientifica, ho passato in rassegna centinaia di gallerie, approfondito numerosi artisti e ho trovato molti stimoli per la mia ricerca. Anche se non viene sempre detto, iniziare a fare arte contemporanea ha costi non indifferenti, soprattutto se scegli i materiali e i colori migliori; così viaggiare diventa spesso impossibile. In realtà in rete troviamo tutto, dai fogli di sala alle cartelle stampa di ciascuna mostra. L’importante è non vivere tutto in maniera superficiale: Instagram spesso diventa un mezzo per guardare soltanto la prima impressione sull’opera e nient’altro. Il digitale può offrire a costo zero informazioni anche di qualità. Ovviamente poi alcuni lavori vanno visti dal vivo, non appena gallerie e fiere hanno riaperto ho avuto modo di fruire dal vivo l’arte. Quindi venendo agli artisti, sicuramente la scena tedesca, uno su tutti Yngve Holen, che per me rimane da anni un punto di riferimento. Wolfgang Tillmans. Poi Alexandra Bircken con le sue sezioni di motociclette. Passando poi all’america, sicuramente devo citare Josh Kline e Jon Rafman ed il loro immaginario unico. Anche Daniel Steegmann Mangrané: la sua mostra all’hangar Bicocca del 2019 mi ha colpito molto, soprattutto i lavori di collage. Andando più indietro, la metafisica indubbiamente mi ha colpito, spesso mi capita di ritornare a vedere i loro lavori, trovo molti parallelismi tra le visioni distorte e magiche e le atmosfere di certi videogames.

Dall’alto: Grande serata di settembre, 2022. Smalto e stampa uv su tela, 120×80 cm. Piccola mattina di settembre, 2022. Smalto e stampa uv su compensato, 25×20 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.

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