FIGLIO DI ZOCCOLO | Nicolas Ballario

Talia: Piaciuta la performance?

Jep: A tratti. Quella testata violenta mi ha fatto capire molte cose. Allora, cominciamo dall’inizio.

Talia: Partiamo dalla fine. Sa, Talia Concept è una gran provocatrice.

Jep: Ma non sprechi energie. Ci sono cose molto più importanti che provocare me. E poi questa abitudine di parlare di sé in terza persona, sta diventando insostenibile. Dunque, cosa legge lei?

Talia: Non ho bisogno di leggere, vivo di vibrazioni, spesso di natura extrasensoriale.

Jep: Abbandonando per un istante l’extrasensoriale, che cosa intende lei per vibrazioni?

Talia: Come si fa a spiegare con la volgarità della parola la poesia della vibrazione?

Jep: E non lo so, ci provi.

Talia: Io sono un’artista, non ho bisogno di spiegare un cazzo.

Jep: Bene, allora scrivo “vive di vibrazioni, ma non sa che cosa sono”.

Talia: Comincia a non piacermi quest’intervista. Percepisco da parte sua una conflittualità.

Jep: La conflittualità come vibrazione?

Talia: La conflittualità come rottura di coglioni. Parliamo dei maltrattamenti che ho subito dal fidanzato di mia madre.

Jep: No. Io voglio sapere che cos’è una vibrazione.

Talia: Il mio radar per intercettare il mondo.

Jep: Eeeh ‘u radar… vale a dire?

Talia: Lei è un rompicoglioni. Senta, siamo partiti male. Talia Concept ci tiene all’intervista con il suo giornale, ha tanti lettori. Ma lei è prevenuto. Perché non la fa parlare del suo fidanzato con il quale fa l’amore 11 volte al giorno e che è un artista concettuale mica da poco: rielabora palloni da basket con i coriandoli. Un’idea sensazionale.

Jep: Senta, Talia Concept parla di cose di cui ignora il significato. Io di lei, finora, ho solo fuffa impubblicabile. Se lei crede che mi lasci abbindolare da cose tipo “sono un artista non ho bisogno di spiegare, è fuori strada. Il nostro giornale ha uno zoccolo duro di pubblico colto, che non vuole essere preso in giro. Io lavoro per lo zoccolo.

Talia: Ma allora perché non mi lascia parlare del mio accidentato, sofferto, ma indispensabile percorso da artista?

Jep: Ma indispensabile a chi? Santo Cielo, signora, che cos’è una vibrazione?

Talia: Non lo so che cos’è una vibrazione.

Jep: Non lo sa.

Talia: Non lo so.

Jep: Non lo sa.

(Da La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: dialogo tra Jep Gambardella e Talia Concept).

Mi sono mangiato la metà dello spazio di questo pezzo con questo dialogo perché vorrei risolvere un equivoco. Capiamoci: amo Sorrentino, amo quel film e questo dialogo è meraviglioso. C’è però questo malinteso che ha fatto male al mondo dell’arte contemporanea: Talia Concept non c’è e se c’è non campa d’arte. Io mi occupo di comunicazione applicata al mondo dell’arte contemporanea e quel film mi ha illuminato perché (anche se io non ho il potere di fare o disfare una festa) ciò a cui deve ambire chi fa il mio mestiere è proprio l’attenzione dello “zoccolo”. La pretesa di aprire il mondo dell’arte contemporanea al grande pubblico è, oltre che irrealizzabile, sbagliata. Irrealizzabile perché non sarà mai una disciplina di massa, se non in rarissimi casi; sbagliata perché la ricerca del consenso è l’opposto dell’arte. Non è male che in un mondo in cui tutto è superficiale, ci sia finalmente qualcosa che necessiti invece di un approccio profondo. Ecco, con le mie rubriche sui giornali e le trasmissioni in radio e tv io questo zoccolo voglio consolidarlo, certamente allargarlo, ma francamente non m’importa nulla che l’arte contemporanea cambi se stessa per poter arrivare a tutti. Negli ultimi anni tutti i direttori di museo, gli artisti, i curatori, i galleristi e i collezionisti più seri cercano il dialogo con i media e il linguaggio si è fatto più fluido e comprensibile, senza però spingersi verso la banalizzazione. Il problema di chi si occupa di comunicazione nel mondo dell’arte è la voglia di uno schieramento netto tra due opzioni. La prima è quella di fare l’eroe del popolo, parlare male di tutto e di tutti e sostenere artisti didascalici e ruffiani. La seconda è quella di rivolgersi solo agli addetti ai lavori, cercando una apparenza di nobiltà di scrittura e dialogo. Ecco invece il mondo dell’arte contemporanea è l’esatto opposto, è un mondo libero e non definito, incostante e confuso nel migliore senso del termine. È un mondo dove si prende posizione non rimanendo mai fermi. Io stesso quando mi chiedono che lavoro faccio non so cosa rispondere e ogni volta che mi chiedono “cosa scriviamo come carica?” dico “fate voi”. A seconda dei casi mi definiscono: giornalista, curatore, critico, divulgatore… La verità è che non sono nulla di tutto questo, ma non mi offendo se qualcuno decide che in quel caso io debba indossare una certa casacca rispetto a un’altra. Ho avuto la fortuna di poter vedere il mondo dell’arte sotto molti punti di vista e posso individuare alcune persone come punti di riferimento o compagni di strada: fu il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin il primo a mettermi un microfono in mano e dirmi “parla”, insegnandomi a fare la radio; Umberto Allemandi ad avere il coraggio di darmi una rubrica sul Giornale dell’Arte quando avevo vent’anni; la mia grande amica (e ora anche socia di una piccola impresa con la quale ci divertiamo a fare mostre per bambini) Iole Siena, presidente di Arthemisia, a buttarmi nella mischia del complesso mondo dell’organizzazione e produzione di mostre; Achille Bonito Oliva a co-condurre con me la prima trasmissione dedicata interamente al contemporaneo su RadioRai; i vertici di Sky Arte Roberto Pisoni e Dino Vannini, che hanno fatto un canale che riesce a essere autorevole pur senza prendersi troppo sul serio e non banalmente didattico (cosa più unica che rara quando si parla di cultura), a mettermi davanti allo schermo; soprattutto è stato il mio grande maestro Oliviero Toscani a insegnarmi a non avere paura del futuro, a sperimentare con ogni medium, perché la cultura visiva è la vera chiave della comunicazione moderna (voi mi direte “che ce ne frega di sentire questi nomi?” e io vi rispondo “magari niente, ma per una volta che mi chiedono in un pezzo di parlare di me, lasciatemeli ringraziare). Non posso citare tutte le esperienze e ce ne sono state di molto importanti, ma il punto è che la comunicazione applicata all’arte contemporanea, sotto qualunque forma, la si può fare solo se si ha una visione totale e ravvicinata, dall’interno, del contesto di oggi. Chi fa il mio mestiere dunque non abbia paura di non riuscire a definirlo. Siate tutto e niente, fregatevene. Quando vi chiederanno cosa fate rispondete “sono un figlio di zoccolo”.

Nicolas Ballario è Critico d’arte e Giornalista, Conduttore di RadioRai e Sky Arte.

Un ritratto di Nicolas Ballario. Foto © Fabrizio Spucches. Courtesy Nicolas Ballario.

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