PEOPLE ART

IL COSTANTE ESERCIZIO DELLA CRITICA

Pietro Gaglianò


Sono arrivato a Firenze ventitré anni fa dove (abbastanza inutilmente) mi sono laureato in architettura. Negli stessi anni dell’università studiavo danza contemporanea (più o meno con la stessa efficacia). Grazie all’incrocio tra questi percorsi (a vuoto) discende tutto quello che sono adesso, come dire che fallire è sempre una buona cosa se lo si fa con un certo livello di consapevolezza. Oggi mi occupo principalmente dei rapporti tra arte e sfera pubblica, di come l’arte – come esperienza, come forza divergente, come volontà visionaria – possa costituire un punto di contrasto al potere, a quello che Toni Negri e Michael Hardt chiamano l’Impero, la volontà di controllo sul pensiero e le aspirazioni dei singoli e delle comunità. In tutto questo è centrale l’architettura (la considerazione dello spazio urbano come luogo della sedimentazione culturale, esito della continua tensione tra il governo del territorio e l’impossibilità di irreggimentare la complessità sociale) ed è centrale la danza, dove il corpo assume il valore di unʼincessante prova di misura e resistenza rispetto allo spazio. Vorrei chiarire che questo rapporto (arte versus sistema) si compie in qualsiasi declinazione dell’arte, attraverso qualsiasi medium, ogni volta che l’arte opera nella sua unica forma legittima, che è quella simbolica, indipendente dall’esito, tangibile o immateriale. Quando sono costretto a dire in breve cosa faccio nella vita rispondo che sono un critico d’arte. E questo corrisponde in modo abbastanza ragionevole alla verità, visto che compio un costante esercizio della critica, intesa come attività del pensiero, come discernimento, come scelta. Il modo in cui lo faccio è variabile e comprende molte possibilità con tre principali aree di attività. La prima è quella dello studio, dalla lettura alla scrittura: saggi, testi per mostre e, con più lentezza, libri.

È uscito ad aprile Memento. L’ossessione del visibile (edito in italiano e in inglese da Postmedia Books); ora sono a lavoro su qualcosa di nuovo, vicino all’altro ambito in cui sono impegnato quotidianamente, la sperimentazione di formati pedagogici, dell’arte, con l’arte. Oltre a insegnare per alcune istituzioni universitarie, italiane e statunitensi, mi confronto con i più diversi tipi di interlocutori, in situazioni miste, in cui il principio educativo è stemperato nel valore dell’esperienza condivisa. Il progetto al quale mi sento più legato è “Nuova Didattica Popolare”, un format di lezioni di storia dell’arte in piazza, ideato da Lucia Giardino e Chico Bacci nell’ambito di “Guilmi Art Project”, che porto avanti  da quattro anni. Guilmi è un paese dell’Altovastese, in Abbruzzo, remoto da qualsiasi cosa, una piccola comunità densa e litigiosa di circa trecento abitanti che nelle sere d’agosto, dopo cena, portano una sedia in piazza per dialogare con me sulle immagini e i video che propongo loro.

Parlare d’arte, qui, è uno strumento per parlare del senso della storia in opposizione alla tradizione, del valore politico della solidarietà sociale, della possibilità di costruire narrazioni condivise che non siano allineate alle forze egemoni.

La terza area di azione, quella più vitale, quella che più di tutte mi nutre, è la vita al fianco degli artisti. Ho sempre rigettato la definizione di curatore. Sia perché è insulsamente abusata da chiunque non sia in grado di fare arte o di parlarne in modo sensato, sia perché insinua una geometria di subalternità dell’arte stessa rispetto al ruolo di qualcuno esterno che la governa (la cura).

Per me è indispensabile spendere tempo con gli artisti, stare nei loro studi, sui cantieri delle mostre, ma anche a cena con loro, a chiacchierare su un divano, o al bordo della piscina di Madeinfilandia, una specie di Arcadia, una residenza permanente di artisti per artisti (a Pergine Valdarno, in provincia di Arezzo) dove ho la mia biblioteca e il mio rifugio. Gli incontri fondamentali della mia vita sono stati quasi tutti con artisti. Con loro ho sempre un rapporto alla pari, uno scambio incessante. E alla chiusura di ogni progetto, dopo le inaugurazioni, al termine di una residenza, sento che la mia vita è stata moltiplicata, che si è espansa grazie alle loro visioni: tutte terrene, fatte di mondo, ma lanciate oltre il mondo, capaci di aprire una percezione complessa della realtà. Questo fa di me un uomo incredibilmente fortunato.

In unʼintervista recente mi è stato chiesto in che modo ci si può formare per fare il mio lavoro. Più che un lavoro, ho risposto, è una forma di resistenza. È l’unico modo che ho trovato, per ora, di rimanere vigile, di vivere il presente. Qualcuno dice che l’arte non salva. Sono abbastanza d’accordo sul fatto che non si possa chiedere all’arte di risolvere dei problemi (non è design, non può, non deve, non vuole essere funzionale), ma per il resto questa affermazione mi sembra un’idiozia. Se c’è qualcosa in grado di salvare il mondo è proprio l’arte, perché apre la mente, la allena al raziocinio, ma coltiva il sogno. L’arte ha il potere inestimabile di rendere indipendenti, ma anche solidali, di comprendere se stessi nel mondo in una posizione non egoista. L’arte, forse, salverà il mondo. Non la religione, non i governi, non la finanza. Perché l’arte ha come obiettivo e come centro l’uomo nella sua integrità, non il suo sfruttamento (come religioni, governi e finanza).  L’arte, per lo meno, ha salvato me.

Pietro Gaglianò è critico dʼarte e curatore.

Un ritratto di Pietro Gaglianò. Courtesy Pietro Gaglianò.

© 2017 BOX ART & CO.

NEWS

Archivio

SMALL ZINE da sempre si  connota per una linea editoriale sobria, rigorosa e per una costante attenzione alla qualità dei contenuti. Semplice, chiaro, immediato e di efficace fruizione. Un progetto che pone attenzione alla scena artistica contemporanea del panorama nazionale e internazionale, per andare alla ricerca di artisti interessanti, ma spesso privi di una concreta visibilità, e fornire loro opportunità di crescita professionale.

SMALL ZINE – Magazine online di arte contemporanea © 2024 – Tutti i diritti riservati.