di Luca Cofone |
Maurizio, come ritieni i tuoi scatti, esperimenti visivi o immagini comunicative?
Maurizio Di Iorio/ Tutte le immagini comunicano, anche quelle che sono mere rappresentazioni oggettive. La differenza la fanno lo stile e la contestualizzazione. Se un’immagine è significativa o meno dipende solo da questi due aspetti. E se vuoi darti uno stile devi necessariamente sperimentare. Ma si tratta di un processo che vale per qualsiasi attività umana creativa.
Consideriamo il cibo che riesci – mediante i tuoi scatti – a rendere opera d’arte; ritieni una creazione anche il piacere che si delinea da questo connubio?
MDI/ Sono attratto dal cibo, dalle sue forme, colori, textures, ma chi non lo è? Non c’e nulla di singolare in questo, tutte le persone di mia conoscenza sono attratte dal cibo. Il fondamento di tutto quello che realizzo è la luce. Se un creatore di immagini vuole suscitare sentimenti deve lavorare sulla luce, il resto conta poco o nulla. Per me il cibo è solo un pretesto, il mio unico vero interesse è la luce. Ciò spiega perché sono più legato alla pittura che alla fotografia, sia a livello culturale che sentimentale.
Nei tuoi lavori emerge una ricerca accurata di linee, forme, luci, ombre e colori, credi che anche il cibo, così come l’arte, trasmetta emozioni?
MDI/ È del tutto normale che il cibo trasmetta emozioni, per il semplice motivo che esso è una fonte di piacere. Anzi: è la fonte di piacere primordiale. Il cibo non è solo necessario, il mondo occidentale può permettersi il lusso del piacere gastronomico.
La psicoanalisi ci dice che il cibo è legato indissolubilmente all’immaginario erotico e che i confini con l’eros sono labili o addirittura inesistenti. È molto facile creare metafore con il cibo, non servono geni, e questo spiega l’esplosione della moda di fotografare il cibo. Un processo che sta diventando, oggettivamente, noioso e prevedibile.
I soggetti protagonisti delle tue foto appaiono senza una dimensione temporale, accanto – anche – ad un’assenza di dimensione spaziale. Qual è il contesto da cui trai ispirazione? Come nasce un tuo scatto?
MDI/ Io tendo all’astrazione. Un fotografo alle prime armi ottiene immagini oggettive, semplici fotocopie del mondo visibile. Ma la realtà va oltre il visibile; la realtà è surreale, come ci hanno dimostrato nel corso dei secoli i pittori. Tutta l’arte si fonda su questo principio: rappresentare la dimensione surreale del reale. La dimensione spaziale c’è eccome nelle mie immagini ma è una dimensione metafisica perché trascende il mondo fisico, oggettivo. Cerco di ottenerlo neutralizzando il più possibile le parti non protagoniste mettendo in risalto l’oggetto principale dal contesto. Ma anche in questo nulla di nuovo; opere come The Dead Toreador, Il pifferaio e il Ragazzo con spada di Edouard Manet sono formidabili esempi di questo nuovo modo di concepire l’immagine. Artisti come Manet, Morandi, De Chirico, sono molto più moderni della gran parte dei fotografi del nostro tempo.
Quando hai deciso che l’arte, il cibo e la fotografia si sarebbero incontrati nel tuo percorso di creazione? Pensi mai al tuo lavoro come ad un’opera d’arte pop?
MDI/ In realtà io non sono particolarmente interessato al “pop”. Con la cosiddetta Pop art ho un rapporto di amore-odio. Non mi piacciono le semplificazioni e la gran parte della Pop art di questi ultimi anni è oggettivamente povera di stile e contenuti. Non ho deciso nulla a tavolino. Quando acquistai la mia prima fotocamera non avevo alcun controllo sul mezzo; e decisi di assecondarlo facendomi letteralmente guidare. E se devo essere onesto è ciò che faccio tuttora. Sono arrivato alla conclusione che la gran parte dei possessori di una macchina fotografica facciano esattamente il contrario: tentano in tutti i modi di controllare il mezzo, come fanno quando guidano un’autovettura. Solo se ti lasci andare riesci a catturare il surreale (e il significativo) che esprime la realtà. Altrimenti ti fermi al visibile. È la ragione per la quale risultano molto più interessanti gli snapshots fatti con i cellulari che vediamo tutti i giorni sui social e che sono il frutto di approcci veloci e istintivi.
Maurizio Di Iorio è Food Photographer. UNTITLED, 2016. Courtesy Maurizio Di Iorio.
UNTITLED, 2016. Courtesy Maurizio Di Iorio.
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