#RAID: … aspettando Manumission Motel

Parola ai protagonisti

INTERVISTA ad ALESSANDRO BRIGHETTI

(Fondatore FatStudio assieme a Giulio Cassanelli)

di Maria Chiara Wang

Maria Chiara Wang/ Come nasce il nome FatStudio? 

Alessandro Brighetti/ FatStudio nasce dalla conformazione estetico/volumetrica del contenitore stesso. Lo studio, un capannone industriale degli anni ‘80, ha una mole dalle altezze sproporzionate e bipartite: una parte più consistente alta 6 metri ed una più contenuta alta 9 metri. Ci è subito parso come un bambino ciccione e sdraiato, alle cui mollezze del ventre corrisponde la parte più alta. Inoltre ‘Fat’ fa riferimento all’opulenza, al benessere ottocentesco, all’appellativo riferito alla vecchia Bologna (‘La Grassa’), città che accoglie in seno lo studio stesso.

MCW/ Come e da chi nasce l’idea di R A I D?

AB/ È troppo facile chiudersi e rinchiudersi nell’ intimità dello studio, atteggiamento che può sfociare nell’alienazione autoreferenziale e scevra dal confronto. Inoltre, Giulio ed io, siamo due zingari vittime del fascino decadente dei luoghi industriali abbandonati. Siamo giunti così al “Museo per Piccioni”. Dopo averlo percorso in lungo e in largo abbiamo sentito la necessità di sublimarlo a museo dell’abbandono, perché già da solo parlava di lavoro e di politica del lavoro. Logicamente abbiamo sentito l’esigenza di condividere la nostra visione con più Autori, altrimenti sarebbe stata un’operazione rilegata ad un onanismo artistico autocelebrativo. R A I D è figlio della voglia di aggregazione fra artisti e dell’esigenza di tessere trame e reti tra persone che condividono gli stessi intenti. R A I D è anche una valvola di sfogo estetica per celebrare l’autorialità sguinzagliata dal mercato.

MCW/ Come individuate i luoghi dove fare gli interventi?

AB/ In primo luogo stabiliamo un tema che diventi cappello semantico dell’edizione. Il Lavoro in “Museo per Piccioni”, l’Alimentazione in “Sfornare Mondi”, la Scuola in “La Ricreazione”. La prossima edizione, “Manumission Motel”, parla di Autorialità e difesa della stessa. Scelto il tema ci perdiamo e come rabdomanti seguiamo un flusso a forma di punto interrogativo. Quello è un momento incredibile, impagabile. Ed il contenitore si palesa.

MCW/ Come scegliete gli artisti per gli interventi e come espandete la vostra rete?

AB/ Anche in questo caso non esiste un iter prestabilito. Contattiamo personalmente diversi artisti: alcuni accettano, alcuni rifiutano. É normale. Chi prende parte al plotone invita a propria volta altri partecipanti, ed i concetti di rete e di libertà si espandono. Affinità elettive ci uniscono. FatStudio è un mezzo, non il curatore.

MCW/ Ci potete regalare qualche anticipazione/indiscrezione sui vostri progetti futuri?

AB/ Palermo in occasione di Manifesta12. Barcellona in autunno. Una tappa istituzionalizzata nel 2019. Di più non sveliamo, capirete bene…

MCW/ Alessandro mi parleresti del rapporto col tuo gatto?

AB/ Ah, Rufus, piccola divinità del focolare domestico. É lui il capo del FatStudio.

Lo considero la mia luna: quindici anni che mi orbita attorno ovunque sia stato. Un anno fa è diventato tripode senza darmi spiegazioni: l’evento non ha minimamente inficiato sul carattere, inoltre è diventato più leggero per il trasporto in aereo. Ha fatto il passaggio dal 4/4 del Blues al 3/4 del Jazz! É il mio contenitore emotivo esterno, sempre pronto a leggermi e venirmi in aiuto. Ripongo molte aspettative in lui.

MCW/ Alessandro e Giulio: un binomio perfetto. Vi va di raccontarci come conciliate amicizia e lavoro, vita privata e impegni artistici?

AB/ La nostra è un’amicizia antica e sincera. Individui singoli, vasi comunicanti, specchi. Sappiamo stare in silenzio e litigare. La vera salvezza è avere due macchine.

Statement ARTISTI alla domanda: Cosa rappresenta per te R A I D?

MILENA BECCI

Gesto libero. Un sostantivo ed un aggettivo, citati da Alessandro Brighetti e Giulio Cassanelli, che racchiudono per me tutto il senso di R A I D. R A I D è gesto, quello dell’artista che crea, ed è altresì libertà di agire secondo la propria ispirazione in contesti di volta in volta diversi. L’autore viene invitato a partecipare e decide così di inserirsi in un microcosmo in cui è solo nel suo produrre, se stabilisce di esserlo, ma non nel contesto in cui va ad operare. Lavora in totale libertà e si rapporta a luoghi scevri dalle dinamiche di mercato. Interagendo con il luogo scelto dagli ideatori, l’artista presenta sé stesso. Questa è la volta di un hotel: 24 stanze e io occuperò per sei ore una di queste, la saletta prima colazione, con un progetto curatoriale: ICEcubes, il format che ha aperto le danze nel gennaio del 2017 all’interno di una gelateria bolognese, nel contesto di Arte Fiera. Un luogo di passaggio, di sosta, in giornate frenetiche in cui gli artisti hanno deciso di raccontarsi partendo dalla domanda in busta chiusa di un intellettuale, curatore, giornalista o critico d’arte, molto vicino a loro. La parola e la sua forza si espandono in un luogo non avvezzo all’arte contemporanea e diventano protagoniste. Anche Hotel Caselle è fulcro del via vai di lavoratori e passanti e sarà sublimato attraverso l’arte e attraverso chi la sua arte la racconta con forte senso di responsabilità, passione e motivazione che vanno rivelate. La libertà, di gesto e di espressione, hanno permesso a R A I D ed ICEcubes di incontrarsi al Manumission Motel per un happening totalitario che coinvolge artisti e pubblico, andando verso la nobilitazione di un luogo che verrà stravolto in sei ore.

MAX COPPETA

Ho partecipato, grazie all’invito degli artisti Alessandro Brighetti e Giulio Cassanelli alla prima edizione di R A I D, “Museo per Piccioni” a Bologna nel 2017. É stato un momento d’arte in piena libertà e senza condizionamenti. Le pratiche artistiche, sempre più, sono legate ad un mercato feroce che vuole commercializzare pensiero, azione e manufatto, annullando la poetica che è il pilastro portante intorno al qualche si costruisce l’opera e il suo significato. R A I D per me vuol dire scardinare questo pensiero e diventare un motore creativo per aprire strade nuove, dimenticate o volutamente tenute nell’ombra. La creatività deve fondarsi sulla libertà di espressione e azione, altrimenti si chiama servilismo e non è una pratica artistica, ma commerciale. R A I D è riappropriarsi di un territorio spesso sottratto ad opere ed artisti per rincorrere un solo fine, quello economico, con una visione di breve periodo. Questo è in esatta antitesi con il lungo lavoro di riflessione o il culmine dell’ispirazione che muove l’artista verso la produzione, al fine di fissare nel tempo il suo percorso. R A I D è una rivoluzione dolce fatta di attività e non di slogan, portando la vita dove prima c’era il nulla. R A I D è l’incontro di tanti artisti, spesso con nulla in comune, ma che hanno la possibilità di confrontarsi nella pratica dell’azione e nella riflessione del pensiero. R A I D è ritornare indietro, facendo tanti passi avanti, non mettendo in discussione il mercato dell’arte ma aprendo una nuova strada di possibilità estetiche. R A I D è come il Jazz, ognuno è chiamato con le proprie regole ad un confronto con un territorio nuovo per generare un linguaggio inedito in libertà e autonomia, ma con grande aspirazione corale.

FRANCESCA PASQUALI

R A I D … è una vera e propria INCURSIONE CREATIVA. Attacco sì, ma non nel senso negativo della parola, quanto più in quello figurativo. Le irruzioni, episodiche e fugaci, sono sempre rispettose, coerenti e integrate nell’ambiente ospitante. Da subito ho accettato di partecipare a questo progetto perché mi ha stuzzicato il nuovo modo di approcciarsi allo spazio, che sia un luogo abbandonato o ancora “abitato”. Di solito il mio   lavoro prevede interventi sito specifici in dialogo con lo spazio, ma qui le carte sono ben diverse! Il mio consueto processo creativo richiede rigore, progettazione, calcolo, organizzazione, ben conscia del risultato che il lavoro deve raggiungere. L’esperienza R A I D ne è l’esatto contrario: improvvisazione, sfida, estemporaneità, vertigine. Tutto ciò che posso controllare e guidare tra le mura del mio studio, tutte le mie sicurezze, decadono lasciando spazio all’improvvisazione pura e semplice; processo che aiuta la mente ad aprirsi e attivare meccanismi di confronto costante. Lo stesso uso dei mezzi con i quali rendiamo visibile l’esperienza, è una novità: riprendendo in diretta l’azione, l’artista diventa indiscutibilmente attore protagonista, artefice di azioni condivise simultaneamente con il pubblico, che diviene inconsapevolmente voyeur e allo stesso tempo compartecipante dell’azione stessa. Una modalità di approccio così diversa dalla mia quotidianità che oggi trovo quasi necessaria. Abituata a lavorare nel completo silenzio del mio studio, sovente sento la necessità di mettermi in discussione e lasciarmi andare all’improvvisazione, senza calcoli, schemi o preclusioni di qualsivoglia genere. Condivisione, confronto, prova: questo è il mio R A I D.

LAURA RENNA

Per me R A I D è condivisione, libertà. È un momento magico nel quale ci si ritrova liberati dalle pressioni che spesso accompagnano e limitano l’atto creativo. RAID è la sospensione, la vacanza che si aspetta per tutto l’anno!

GIOVANNI TERMINI

R A I D è un’esperienza molto stimolante: non si conoscono i luoghi dell’intervento e in un tempo prestabilito bisogna immergersi nella situazione e concretizzare il proprio lavoro con il materiale trovato in loco. Queste condizioni, che a prima vista potrebbero sembrare limitanti, in realtà si sono rivelate vincenti nel risultato.

Dall’alto: Interno FatStudio. Per Piccioni, gennaio 2017. Intervento di Alessandro Brighetti e Giulio Cassanelli. R A I D. Per tutte courtesy FatStudio, nella persona di Alessandro Brighetti.

© 2018 BOX ART & CO.

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