Salvador Dalí – La Persistenza degli Opposti

In mostra a Matera fino al 30 novembre 2019

di Carla Sollazzo

“Ogni mattina, al risveglio, provo l’immenso piacere di essere Salvador Dalí, e chiedo a me stesso, con curiosità, quale cosa portentosa farà oggi questo Salvador Dalí”. Salvador Dalí, La mia vita segreta, 1942

Capitale Europea della Cultura 2019, Matera ospita, fino al 30 novembre 2019, nelle suggestive stanze del Complesso Rupestre di Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, la mostra Salvador Dalí – La Persistenza degli Opposti; un vero e proprio viaggio nel mondo del Surrealismo, che si snoda attraverso circa duecento opere dell’artista catalano, tra sculture, illustrazioni, libri illustrati, opere in vetro e complementi d’arredo, alle quali se ne aggiungono cinque di carattere monumentale, di cui tre collocate nelle vie del centro storico: l’Elefante Spaziale, il Piano Surrealista e la Danza del Tempo. La mostra, curata dalla società The Dalí Universe, detentrice di una delle più grandi collezioni private al mondo di opere d’arte dell’artista, diretta da Beniamino Levi, è stata inaugurata il 29 novembre 2018; oltre ad direttore della Dalí Universe, erano presenti Patrizia Minardi, coordinatrice per le attività internazionali della Dalí Universe, Francesco Vizziello, presidente dell’associazione culturale Circolo La Scaletta, Roberto Pantè, direttore creativo di Phantasya srl, nonché direttore artistico della mostra, oltre, naturalmente, al sindaco di Matera, Raffaello De Ruggieri. Quattro i temi scelti per il percorso museale: il tempo, l’involucro, la religione e le metamorfosi. Temi affrontati e raccontati attraverso diversi tipi di opere d’arte. Prime fra tutte, le sculture, realizzate in bronzo, attraverso la tecnica di fusione a cera persa; poi, le opere in vetro Daum, realizzate dal maestro catalano in collaborazione con la prestigiosa vetreria francese Daum Cristallerie, che rappresentano una delle più interessanti collezioni al mondo di sculture in vetro colorato; le illustrazioni, un ampio repertorio d’immagini, personaggi e allegorie, a corredo di alcuni tra i libri più celebri della letteratura internazionale, e i libri illustrati, ispirati dalla mitologia, dalla religione e dalla storia; infine, i complementi d’arredo: sedie, tavoli, lampade e divani, dalla forma stravagante, funzionali e simbolici allo stesso tempo.

Quello di Matera è anche un percorso multimediale, fatto di ombre e suoni, che, insieme al fascino della location, crea un’atmosfera unica; ologrammi, 3D mapping, realtà virtuale, proiezioni e percezioni sonore si fondono con la bellezze delle opere daliniane, facendo vivere al visitatore un’esperienza quasi cinematografica, e permettendo alla mostra di assumere anche uno scopo didattico, avvicinando gli studenti alla storia dell’arte e all’apprezzamento dei beni culturali, attraverso l’utilizzo di tecnologie interattive. I Sassi di Matera, unici nel loro genere, patrimonio mondiale dell’Unesco, rappresentano il regno dei contrasti, dove l’arcaico si mescola al moderno e l’essenziale allo sfarzo architettonico; groviglio di case-grotta, stupende chiese rupestri e sfarzosi palazzi barocchi, che gli donano quel fascino arcano, dalle mille sfumature, che ha ispirato scrittori e poeti, come l’intellettuale Carlo Levi che, ne Cristo si è fermato ad Eboli (1945), così descrive Matera: «Arrivai a una strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune […] Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’Inferno di Dante, in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto. Alzando gli occhi vidi finalmente apparire, come un muro obliquo, tutta Matera. È davvero una città bellissima, pittoresca e impressionante». Tanto bella Matera da essere scelta da grandi cineasti per ambientare film come La Passione di Cristo (2004) di Mel Gibson, The Nativity Story (2006) di Catherine Hardwicke, Christ the lord (2016) di Cyrus Nowrasten, il clossal Ben-Hur (2016) di Timur Bekmambetov e, primo fra tutti, l’indimenticabile capolavoro cinematografico Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini. Lo stesso regista spiega così perché scelse Matera per ricostruire le ambientazioni dell’antica Galilea: «Per me spirituale corrisponde a estetico. Non religioso. La mia idea che le cose quanto più sono piccole e umili, tanto più sono grandi e belle nella loro miseria, ha trovato uno scossone estetico nella città di Matera»; un’idea quella pasoliniana che trova corrispondenza proprio nell’arte di Dalí; nella Poesía de las pequeňas cosas, ad esempio, l’artista ripete, in maniera maniacale, per dodici volte le parole “piccole cose”, anche a caratteri cubitali. Il maestro catalano voleva mostrare il processo di trasformazione di oggetti ed eventi, rifiutando, però, la tendenza dell’arte di imbellire e idealizzare ogni cosa, per dare vita ad un’arte fresca e oggettiva, che prestasse attenzione ai dettagli; a metà degli anni venti, in una lettera alla famiglia, lo stesso Dalí scrive: «Sto inventando uno stile completamente nuovo, puro e naturale […] che cattura le cose del mondo».

Nel suo volume dedicato al Surrealismo (2015), Giuliano Serafini scrive: «Dalí riconduce la teoria dell’inconscio, intesa dai pittori surrealisti come macchina per fabbricare immagini, al metodo “critico-paranoico” che aveva elaborato dopo il suo incontro con Lacan; metodo attraverso cui il processo di elaborazione dell’immagine prende toni di patologia psichica, contrapponendo l’insostenibile, iperrealistica lucidità dell’immagine a un onirismo morboso e apocalittico […] Quello di Dalí è un delirio visivo in continua mutazione, là dove il motivo del disfacimento e della rinascita si carica, tra compiacimento e repulsione, di oscure latenze sessuali». «Sicuramente la stella più vivida del firmamento surrealista – continua Serafini – picaro e dandy, personaggio “eccessivo” che riuscirà con la sua proteiforme esuberanza a prevaricare perfino l’opera e a incarnare tutto il folklore di cui il gruppo aveva bisogno per far continuare lo spettacolo […] Amato e detestato in ugual misura in Europa (è l’unico fra i surrealisti ad essere apprezzato da Freud) e negli Stati Uniti […] Sorta di divinità mefistofelica a cui tutto è dovuto e ogni eccesso è consentito». Quello di Matera è un itinerario museale che mette in luce i principali dualismi concettuali dell’arte di Dalí, artista e uomo degli opposti, che fonde, visivamente e concettualmente, idee apparentemente contrarie, lasciando che tutta la sua opera venga pervasa dalla dicotomia fra razionale e irrazionale. Nella sua autobiografia, La mia vita segreta, pubblicata nel 1942, lo stesso Dalí scrive: «Io, Dalí, attraverso il mio lavoro, dimostrerò l’unità dell’universo, mostrando la spiritualità di ogni cosa […] Una cosa è certa: nulla, assolutamente nulla, nelle scoperte filosofiche, estetiche, morfologiche, biologiche, morali del nostro tempo nega la religione. Al contrario, il tempio consacrato alle “scienze specifiche” spalanca tutte le sue finestre per accogliere il cielo». E cos’è il cielo? Dove trovarlo? «Il cielo – continua Dalí – non si trova né sopra, né sotto, né a destra, né a sinistra, ma esattamente nel centro del petto di chi ha fede».

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