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SCOPRENDO LA BIECA DECORAZIONE

Franco Mazzucchelli

– Sabino Maria Frassà

Per tutti Franco Mazzucchelli è l’artista dei gonfiabili abbandonati per le strade. Sebbene sia attivo sin dai primi anni ’60 con una partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1968, solo da pochi anni, dopo che una mostra l’ha celebrato al Museo del Novecento di Milano, Franco Mazzucchelli è oggetto di un’attenta rilettura e di un crescente interesse tra collezionisti, musei e istituzioni di tutto il mondo. Ancora oggi manca però un’analisi puntuale sulla seconda vita di Franco Mazzucchelli, la Bieca Decorazione, spesso indicata dall’artista con l’acronimo BD. Più che un ciclo di opere si tratta di
una vera forma di filosofia dell’arte contemporanea che ha dato vita a un vasto insieme eterogeneo di quadri “gonfiabili”, tra cui gli ultimi inediti sono i sette Bifacciali presentati da Gaggenau DesignElementi Hub di Milano nel 2018. Dopo i primi tentativi sporadici all’inizio degli anni ’70, l’artista, solo a partire dagli anni ’90, struttura e dà il nome a questo corpo di opere, pur non arrivando mai a elaborare né un manifesto né un documento programmatico.

Sabino Maria Frassà/ Da dove nasce la Bieca Decorazione?

Franco Mazzucchelli/ Da un decennio di silenzio artistico. Dopo le Azioni che ho realizzato negli anni ’60 e ’70, negli anni ’80 ho vissuto un decennio di quasi totale silenzio creativo: guardandomi intorno constatavo che la mercificazione dell’arte che avevamo tutti criticato era rimasta la regola e soprattutto che si mascherava il legittimo bisogno, piacere e desiderio di ogni artista, di vendere le proprie opere con un apparato ideologico tanto complesso quanto incerto. La verità è che tutti gli artisti prima o poi fanno bieca decorazione, arte che sanno fin dall’inizio che sarà venduta, o fanno arte che si possa vendere. Non bisogna vergognarsene. Inoltre avevo cominciato a osservare come la documentazione dei miei primi lavori, caratterizzati da un impegno sociale, veniva sempre più richiesta dai collezionisti. Arrivai alla conclusione che qualsiasi opera d’arte, anche quella portatrice del più elevato contenuto ideologico, una volta appesa diventa “decorazione” e assume un significato completamente diverso dall’originale intenzione artistica.

SMF/ Ma in questo modo non si corre il rischio di giungere a una forma di nichilismo che non salva alcuna forma d’arte? A maggior ragione alla luce di quell’aggettivo “bieca” che ha una connotazione inequivocabilmente dispregiativa e critica. Cosa vuole veramente comunicare la Bieca Decorazione?

FM/ Che l’arte è tutta una questione di consapevolezza e intenzionalità, valori che vanno recuperati e valorizzati. Sono un artista e non parlo, né scrivo dei miei lavori, ma con la scelta del titolo Bieca Decorazione, che fieramente riporto su moltissimi dei miei lavori, volli far capire che dietro alle mie opere c’era un pensiero che prendeva le distanze da una certa arte autoreferenziale che si prendeva troppo sul serio. Tutta la mia arte fa riflettere, ma sempre con ironia e leggerezza, così anche la Bieca Decorazione. Non mi vergogno quindi di portare contemporaneamente avanti interventi a carattere sociale, come la performance che facemmo insieme Salvami – Andata e Ritorno per riunire due quartieri di Milano, e opere BD con cui mi diverto a studiare l’armonia delle forme nello spazio.

SMF/ Tutte le opere della Bieca Decorazione sono accomunate da una palese ironia e ludicità, aspetti che fanno da contraltare alla “critica” e presa di coscienza sull’arte contemporanea di cui abbiamo appena parlato. Il tutto sembra essere tenuto insieme da un forte senso estetico e compositivo, che mi ricorda che tu hai ottenuto all’Accademia di Brera prima il diploma in Pittura e poi quello in Scultura.

FM/ In effetti l’anima del pittore mi è rimasta e grazie alla Bieca Decorazione mi sono anche liberato dal fardello di me stesso e di una lettura del mio lavoro di stampo eccessivamente politico e sociale. L’aspetto ludico di rendere felici le persone con il bello e con l’arte era presente anche negli interventi degli anni ’60 e ’70. Con la BD mi sono riappropriato, superati i cinquant’anni, dei colori e di quella che tu correttamente definisci come “armonia compositiva”. Insomma il bello per il bello, l’arte per l’arte. I rotoli di PVC colorati, l’oro, gli specchi e il glicole sono diventati gli elementi della mia tavolozza. E da “pittore” so che il colore dà forma a maggior ragione quando è applicato a dei volumi: mi affascina quindi l’idea stessa di realizzare dei “finti” multipli attraverso la ripetizione manuale di una stessa forma e/o con colori diversi, perché ogni opera non riesce mai uguale alla precedente: il ciclo della BD Multipli del 2012, che sarà in mostra a Roma da Gaggeanu, era incentrato proprio su questo tema.

SMF/ Nella tua tavolozza però si cela anche tanta matematica e scienza, o sbaglio?

FM/ La geometria è la chiave dell’armonia compositiva, ma è anche la chiave per comprendere come si sviluppa la natura, così tante mie opere sono intitolate con nomi della geometria: Spirale Aurea, Spirale di Archimede, Icosaedro e Tetraedro. Noi siamo in fondo fatti di geometria e matematica, elementi che si celano anche nella casualità e in ciò che noi definiamo come “errore” o “anomalia”.
Non a caso dopo i ritratti geometrici, nei primi anni 2000, aiutato da Antonio Belluscio, ho realizzato all’interno della Bieca Decorazione due cicli di opere, Casualità e Casualmente intenzionali, in cui la composizione delle forme (ottenuta attraverso le saldature del PVC) era determinata da un software realizzato appositamente per me che si basava esclusivamente sulla casualità. Ebbene anche in questa casualità spesso si leggeva un’intenzionalità, perché il nostro cervello inconsciamente cerca di rintracciare, in ciò che ci circonda, sempre un ordine e una qualche razionalità matematica.

SMF/ Infine perché la Bieca Decorazione è un corpo di opere così eterogeneo, accomunato da un’intenzione artistica più che da una cifra stilistica?

FM/ Non amo ripetermi e forse negli anni ’80 lo capii pienamente. L’arte per me è uno stimolo, una sfida a superare i miei stessi limiti.
La Bieca Decorazione mi ha permesso e mi permette di sperimentare ogni giorno. Detto ciò, non produco mai né molto né troppo, che senso avrebbe? Finirei per comportarmi come quegli artisti “compulsivi” per necessità di mercato, da cui mi sono voluto distaccare anni fa. E poi che noia! Anche il rifacimento delle azioni degli anni ’60 e ’70, che sempre più spesso mi vengono richieste, perdono sempre di più la dimensione sociale originale. Se accetto di rifarle, come nella prossima mostra al MACRO di Roma, non è per rendere omaggio a me stesso o al mio passato ma è perché il nuovo spazio mi intriga e rappresenta per me uno stimolo, una sorta di sfida. L’arte per me non vive a prescindere dallo spazio che la circonda, lo spazio determina l’esistenza dell’arte, ahimè e per fortuna anche a volte come decorazione!

Dall’alto: BD SPIRALE AUREA, 2009. 150×100 cm. BD 276, 2008. 100×100 cm. SPIRALE ARGENTO – BD MULTIPLI, 2012. 45×55 cm. Opera esposta, a partire dal 20 luglio 2020, nella mostra “I LOVE MULTIPLE” presso Gaggenau DesignElementi Roma. Per tutte courtesy dell’artista.

© 2020 BOX ART & CO.

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