Scrivere con il colore | Carla Accardi

a cura di Lorenzo Benedetti

fino al 14 maggio 2022

FRANCESCA MININI, Milano 

Scrivere con il colore è un’attitudine che si incontra in molti aspetti dell’opera di Carla Accardi, dalla posizione orizzontale con cui l’artista realizzava le sue tele poste su di un tavolo o per terra, che riflette l’atto stesso dello scrivere, al carattere di amplificazione con cui i titoli denotano una funzione metalinguistica. A partire dagli anni Ottanta le poesie di Dino Campana, Daniele Pieroni, Francesco Serrao, Andrea Zanzotto, Valentino Zeichen e i versi dell’artista Bizhan Bassiri, sono fonte di ispirazione per i titoli delle opere di Carla Accardi che le permettono di realizzare un vivace dialogo tra arte e poesia. Parole e segni sono in costante rapporto.

Parte centrale della mostra è occupata da Fregio del 2004. Una serie di quindici chine su carta dialogano direttamente con un componimento di Valentino Zeichen. Il rapporto tra ogni singolo disegno e il suo verso corrispondente diventa un continuum tra testo e immagine, tra poesia e segno. Coniugando i tratti tecnici dal chiaroscuro al negativo con le misteriose tracce di significato semantico, Accardi e Zeichen generano un suono musicale, una metrica di segni. Fregio svela la perfetta e misteriosa sincronia del verso poetico che può convertirsi in segno.

In Stella (Dieci triangoli rossogialli)Parentesi n.1 e Parentesi n.3 si attua un’astrazione della tecnica del quadro generando, attraverso dei simboli tipografici, un metalinguaggio che ne altera la sua struttura logica. Questa attitudine antipittorica è presente sin dagli anni ’50 nella ricerca dell’artista. Il rapporto diretto e sintetico con il contenuto e la ricerca continua di sottrazione e semplificazione si manifestano nell’assenza del colore, fino alla sovversione del supporto pittorico.
Con il radicale uso del sicofoil, dalla metà degli anni ’60, Accardi abbandona la tela e mette in luce il telaio, usandolo come nuovo supporto pittorico. Sparisce l’idea di superficie e il segno si slega dalla struttura. Stella (Dieci triangoli rossogialli) richiama graficamente la forma di un asterisco e la sua superficie plastica diventa un elemento di protezione del dipinto. Siamo nel 1981, poco prima della serie delle Parentesi, periodo che segna il ritorno alla tela come superficie che mantiene le ‘trasparenze’ attraverso l’uso del tessuto grezzo.

In Soli impigliati in frange e lappole e Luce crescente, entrambi del 1997Accardi riprende il segno degli anni ‘50 ingrandendolo e controllandolo in tutti i suoi singoli elementi. I macrosegni, come se fossero parole, galleggiano con libertà nello spazio. Accardi estrae i suoi segni come le frasi dalle poesie.

Nel lavoro Blu su bianco del 1998 il disegno diventa la parte negativa del quadro. Il linguaggio si presenta nella sua costruzione concettuale in Si sdoppia e ricompare, titolo proveniente da una poesia di Valentino Zeichen, entrambe del 2011.

La poesia e le opere di Carla Accardi hanno in comune questa incredibile capacità comunicativa di essere estremamente diretti, senza mai incorniciare il contenuto in una forma chiusa. Tutto è aperto alla riconfigurazione di un quadro che diventa di colui che legge o guarda. Forse in questo intenso dialogo tra segni e parole possiamo rovesciare i nostri sensi osservando i titoli e leggendo i quadri di Accardi.

Per info:

FRANCESCA MININI, Milano 

+39 0226924671

www.francescaminini.it

 

Carla Accardi, Blu su bianco, 1998, vinyl paint on canvas, 123×163 cm, arch. n. 676A. Foto di Andrea Rossetti.

 

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