Inaugurazione giovedì 17 Novembre dalle 18:00 alle 21:00
The Flat – Massimo Carasi, Milano
The Flat – Massimo Carasi ospita per la terza volta nei suoi spazi l’esposizione personale di Leonardo Ulian.
Con il titolo “Shapes of Worlds of Shapes” la mostra indaga l’idea di contemplazione di altri universi, innescando innovativi circuiti mentali, in questo cruciale momento della storia umana.
Leonardo Ulian presenta una visone della contemporaneità idealistica ma fondamentalmente ottimistica, poiché apre alla possibilità del rinnovamento e della reinvenzione.
Il suo processo artistico combina simbolismo, geometria, suono, magia, scienza di frontiera e dramma teatrale. Canalizzando il potere suggestivo di diversi materiali, quali piombo, rame e acciaio, fino al ready-made con catene metalliche, componenti elettroniche, elementi stampati in 3d e attrezzature sportive, Ulian esplora il rischio di rappresentare un caos capace di generare nuovi macrocosmi contemporanei.
La mostra include le opere Techno Atlas, nuove imponenti sculture della serie Scultopia, create con racchette da tennis che ricordano figure umanoidi, quasi aliene, e una torre sonora di oggetti interagenti.
Secondo la visione dell’artista, il punto iniziale della mostra è il pezzo “Techno Atlas – 007, Ognun bale cun so agne”: «Le due Italie speculari, una fatta di piombo e l’altra di uno specchio acrilico dorato, per me rappresentano il dualismo o la possibilità. Sull’Italia dorata è inciso anche un proverbio in friulano, la lingua che parlo nella mia zona di origine in Italia. Ho scelto questo detto perché porta con sé una forza attivante che idealmente può produrre una trasmutazione».
Un’interessante definizione del proverbio friulano è data dal poeta, musicista e scrittore Luigi Maieron: «Il vero significato della frase, ognun bale cun so agne (ognuno balla con sua zia) implica il rapporto tra comportamento e necessità; come a dire che ognuno vive come può. Viene utilizzato per spiegare una decisione che può sembrare bizzarra o semplicemente per stabilire che non c’era altra possibilità. Il detto prende spunto dal fatto che il ballo era uno dei principali divertimenti, molto diffuso, e il suo apprendimento era un’aspirazione e un traguardo, e la zia, più che un genitore, esercitava la naturale predisposizione all’insegnamento. C’era proprio quella fiducia che ci permetteva di imparare anche tra tanti errori, contando sulla sua (della zia) benevolenza. Ci si muove in bilico tra l’aspirazione alla spiritualità celeste e la tendenza a godere delle gioie materiali della vita terrena».
Con una nuova rappresentazione delle mappe del mondo l’interesse per la contemplazione, presente nell’artista fin dalla serie dei Technological Mandala, si evolve, superando l’idea di equilibrio geometrico. Ricordando i test proiettivi di Rorschach, la perfetta simmetria delle due mappe crea una terza immagine separata che, come nei test psicologici, è collegata alle prime due ma completamente diversa dalle originali. La curiosità di Ulian per i nuovi modi di vedere il mondo solleva questioni, preoccupazioni e possibilità, liberando la capacità di immaginare e meditare su futuri utopici alternativi.
«Mi piace usare la geometria per infondere energia nelle mie opere, le quali non hanno quasi nulla a che fare con il pensiero razionale connesso alla geometria». Le nuove sculture, imponenti come i titani della mitologia greca, che Ulian nella sua poetica definisce invece umanoidi, sono una tipologia primordiale e sofisticata di creature, nate dalla collisione di materiali che vengono scoperti in studio dopo anni di riposo, riportati alla luce, riconsiderati, o che persino entrano a far parte di questa nuova cosmologia di opere per puro caso.
La drammaticità della sua visione è ravvisabile, ad esempio, nella scultura “Scultopia #06 – L’umanoide dal fiore in bocca” che, nonostante l’aspetto inquietante e spaventoso, è per Ulian una figura positiva. Infatti il titolo dell’opera è tratto da una commedia di Luigi Pirandello, il cui protagonista utilizza la metafora del “fiore” per descrivere la malattia che presto lo porterà alla morte; consapevole della sua situazione, sfrutta il poco tempo che gli resta vivendo intensamente, osservando e descrivendo con maniacale minuziosità quegli aspetti della vita quotidiana che altrimenti rimarrebbero insignificanti.
Una Torre sonora di oggetti connessi da fili di rame forma un dispositivo interattivo, con theremin e sensori di movimento, che grazie al suono, trasporta l’intera mostra in una sorta di dimensione temporale sospesa. All’interno del dispositivo, intanto, viene suonata, con un’apposita cassetta su un registratore a nastro, una variante rallentata della “Sinfonia n. 5 op. 67” di Beethoven, nota per le sue drammatiche battute iniziali. Questa composizione, non a caso, era uno dei numerosi messaggi a bordo delle due navicelle Voyager lanciate nello spazio nel 1977 con il fine di stabilire un possibile contatto con nuove forme di vita, in altri mondi.
Per info:
The Flat – Massimo Carasi, Milano
theflat-carasi@libero.it
http://www.carasi.it/
Courtesy The Flat