SIAMO NARCISI FRAGILI IN CERCA DI ETERNITÀ

Testo critico di Sabino Maria Frassà alla mostra Narcisi Fragili

a cura di Sabino Maria Frassà 

dal 22 settembre al 29 ottobre 2020

My Own Gallery (Superstudio), Milano

In mostra: Laura de Santillana, Daniela Ardiri, Flora Deborah, Giulia Manfredi e Francesca Piovesan

Il mito di Narciso è una delle metafore più calzanti del tempo in cui viviamo. Narciso era il ragazzo più bello al Mondo fu condannato per la propria vanità ad amare solo la propria immagine riflessa; morì solo e venne poi trasformato dalle divinità in un fiore per preservare il ricordo di tanta bellezza. La società occidentale è diventata per antonomasia la società dell’immagine effimera e combatte il passare del tempo con ogni mezzo. Per quanto ci si impegni non si può però avere vent’anni per sempre e la fine della “grande” bellezza è parte della nostra esistenza. Nella stessa idea di bellezza è insita la sua fine e forse solo nel tempo che passa la si può realmente vedere e quindi apprezzare. Il ricordo e la sublimazione del bello attraverso il tempo e il gesto artistico rendono eterno ciò che per natura non lo è. Ma l’arte fa i conti con il proprio tempo e quindi non è sempre facile comprendere quale sia la migliore forma espressiva in grado di descrivere la natura del bello. Oggi siamo tutti bombardati tanto da parole quanto da immagini.  Ciò spiega il successo del fumetto, del cinema e della televisione, forme espressive vicine e coerenti alle trasformazioni sociali degli ultimi decenni che hanno unito l’immagine alla parola. Ma forse, complice decenni di propaganda ideologica e di pubblicità, siamo arrivati al momento di saturazione della parola e l’immagine ha preso il sopravvento. Se tale aspetto è indicativo di quanto prima descritto come la deriva della società dell’immagine, bisogna però anche coglierne le potenzialità. Come era solita affermare la grande artista Louise Bourgeois: “To be an artist, you need to exist in a world of silence”. Siamo diventati tutti sordi, sprofondati in un mondo di immagine e di solitudine, che viene ben compreso e restituito dall’arte contemporanea, intesa come fluido ed eterogeneo mix di tecniche ed espressioni artistiche non più codificabili, ma che partono spesso dalla materia: del resto la video art parte dal racconto visivo della materia, dalla quale non riesce del tutto a liberarsi, e la digital art nasce per negazione della materia, che quindi rimane come punto ultimo di riferimento. Forse anche per questo sempre più persone si avvicinano all’arte contemporanea, come un tempo si avvicinavano alla scrittura. Essere un artista, o meglio fare l’artista, diventa un modo per restaurare un rapporto con la realtà materica e trasformare il “proprio” caos in qualcosa di diverso, in bellezza. Siamo quindi tutti dei narcisi fragili salvati dalla gratuità, dall’assenza di finalità pratica del gesto artistico, che speriamo riesca a rendere eterni almeno ciò che siamo e/o abbiamo pensato. L’arte da sempre è una promessa di eternità, di lasciare un seme che sboccerà negli occhi e nelle menti degli altri. Un modo per condividere il proprio vissuto, quando non si riesce (più) a raccontarlo a parole.

Da queste considerazioni nasce la mostra “Narcisi fragili” che indaga la bellezza e la precarietà dell’esistenza umana, partendo dalla riflessione di Virginia Woolf: “Ho avuto un istante di grande pace. Forse è questa la felicità”. Nel buio interiore l’arte condivide riflessioni, dubbi e spiragli di “fugaci momenti di gloria” che diventano universali, andando al di là del proprio tempo e del proprio vissuto. Protagoniste le opere di cinque artiste italiane – Daniela Ardiri, Flora Deborah, Laura de Santillana, Giulia Manfredi, Francesca Piovesan – che hanno fatto dell’uso della materia lo strumento per raccontarsi e per affermarsi in un mondo – quello dell’arte – spesso maschilista e machista. Le opere inedite in vetro soffiato “Scars” (Cicatrici) di Laura de Santillana, la grande artista scomparsa prematuramente nel 2019, costituiranno l’inizio di un percorso che condurrà lo spettatore a riflettere e a interrogarsi: su ciò che sia realmente importante grazie alla scultura di Flora Deborah; sulla fragilità delle convenzioni sociali grazie all’installazione di Daniela Ardiri; sul ruolo dell’essere umano nell’ecosistema globale con le sculture “vive” di Giulia Manfredi e infine sul ruolo del tempo nella nostra vita con le impressioni fotografiche di Francesca Piovesan. Se chi scrive non crede che abbia più alcun senso parlare di “sessi” non si può negare che la nostra società li riconosca e sia ancora vittima non solo dalla violenza contro le donne ma anche della discriminazione di genere. Anche l’arte contemporanea, non attribuendo sempre le stesse opportunità, rischia di perdere delle voci e di legittimare tale asimmetria. Senza cadere in visioni ideologiche anacronistiche, questa mostra racconta il nostro essere fragili narcisi con gli occhi di donne che ce l’hanno fatta e che sono artiste note per la propria arte e per aver trasformato la materia in qualcos’altro, in bellezza se non eterna al di là del proprio tempo.

Per info:

My Own Gallery (Superstudio), Via Tortona 27 bis, Milano

infocramum@gmail.com 

+39 0242250144

 

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