SMALL TALK

UN TEMPO OSSESSIVO
Nicola Rotiroti                                                                                                – Loredana Barillaro

Loredana Barillaro/ Ciao Nicola, parlami un po’ del tuo lavoro…

Nicola Rotiroti/ Tempo fa ho letto un breve passo del poeta Shelley “….l’ombra di un invisibile potere tra noi fluttua nel segreto”. 
Ecco ora sono arrivato dentro il mio continuo quotidiano. Mi sveglio intorno alle 8 di mattina, vado a studio, che ho in comune con un mondo di artisti diversi riccamente da me, e che ho invitato a condividere tutto, affitto compreso. Punto la radio su Radio3, prendo la foto-soggetto che al momento mi interessa, la attacco al muro come un santino, srotolo la tela, la inchiodo alla parete, la squadro con lo scotch di carta e comincio a pestare e mescolare i pigmenti con i medium acrilici, ottenendo così il colore per il fondo. Alcune volte uso la foglia d’argento o di oro.
Asciugata la base tonale sulla tela, inizio, attraverso sguardi intermittenti tra parete vuota e tela, a cadenzare un tempo ossessivo.
Ho comprato un tagliere da cucina in plastica in una cineseria, lo ricopro di scotch di carta, indosso un grembiule, ed inizio a preparare i colori ad olio. La pennellata che uso è molto grassa e continua, l’olio lo lavoro quasi secco, esasperandolo, tentando un riverbero cromatico che mi riassicuri. Cerco la luce durante la costruzione  del volume, comunicando con mezzi toni, poi prendo coraggio e violentemente aggiungo masse di chiari puri sfumandoli freneticamente, appiattendo il volume ed aprendomi la strada per gli scuri. Da questi passaggi a stesura, il colore poco diluito riesce ad ottenere la deformazione che reca l’acqua alla vista.
Nel durante scorrono otto, nove ore, tra voci radiofoniche e fisicamente presenti, gli occhi si appesantiscono, mi levo il grembiule, poso il tagliere, accendo una sigaretta, bevo una birra e corro a casa da quell’amore di mia moglie cercando di dimenticare tutto.

 
LB/ Perché hai scelto di utilizzare l’acqua come elemento dominante dei tuoi dipinti? Quasi fosse uno strumento più che un “effetto”…
 
NR/ Ho scelto l’acqua come elemento dominante nei miei dipinti perché mi permette di entrare in contatto con il bello, inteso come apparizione sensibile dell’idea, ponte tra noi e la natura: “Essa dissolve, distende, dissipa, al fine di ricreare e quando questo processo è reso impossibile, essa, in ogni modo, lotta ad idealizzare e ad unificare: essa è essenzialmente vitale anche se tutti gli oggetti sono, nella loro essenza, fissi e morti” (Coleridge). L’idea dell’acqua allo stesso tempo mi pone anche di fronte al sublime che non è affatto il piacere della misura e della forma bella, né della contemplazione disinteressata dell’oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura e di orrore suscitati dall’infinito, dalla dismisura, il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio. 
 
LB/ La figura umana sembra perdere la sua consistenza fisica e caratterizzarsi unicamente in virtù dello schermo d’acqua oltre cui la poni. Che ruolo ha dunque in tutto questo?
 
NR/ Sono d’accordo con te quando scrivi che la figura umana perde la sua consistenza fisica, in effetti questo avviene perché, di contro, quella stessa figura tende ad acquisirne una metafisica. In questa nuova consistenza la figura contiene passato, presente e futuro, tendendo all’archetipo, cercando di proporsi in divenire, di essere per esistere, di liberarsi dalla sua stessa figura, prendendo le distanze da quella stessa acqua che l’ha generata.

 
Dall’alto: UNTITLED, 2014. Olio su tela, 150×150 cm. UNTITLED, 2013. Olio su tela, 165×169 cm. Per entrambe courtesy dell’artista.

(pagina 12 del n. 10 di SMALL ZINE)
                                                                                                                                             © 2014 BOX ART & CO.

 

 

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