SMALL TALK

OGNI RAGIONATO IMPREVISTO
Sebastiano Dammone Sessa                                                                  – Luca Cofone

 

Luca Cofone/ Sebastiano, il tuo lavoro ha un che di misterioso, me ne parli?

Sebastiano Dammone Sessa/La mia ricerca si basa su concetti fondamentali di sovrapposizione e stratificazione attraverso l’uso di materiali traslucidi e non, quali carta, tela, piombo, feltro e colate di emulsione vinilica associati quasi sempre a supporti lignei di forma quadrata.

Nulla è casuale poiché la forma rivendica il suo contenuto da sola, il mio compito sta solo nel capirlo, nel renderla coerente giustificandone ogni minima variazione. Questa unità porta in sé il disagio della regola, presupposto indispensabile per arrivare ad una riflessione sulla libertà all’interno dell’insieme. È per questo che spesso sommo i moduli, per ribadire con forza questa visione d’insieme, questo bisogno di unità, per dare completamente il senso dell’intero  apparentemente uniforme e costringerlo a dialogare con lo spazio circostante, mettendolo in evidenza e forse in competizione con il suo riflesso. Il modulo è sinonimo di unità di misura, elemento, modello e anche qualità cui riferire per commisurarlo ad esso. Varia la tecnica, la temperatura, l’umore, ma il senso è sempre quello di rendere libero e stimolante ogni ragionato imprevisto

LC/ Tutto è molto preciso, definito, e la materia sembra quasi cristallizzarsi in linee e forme. Quanto respiro c’è nei tuoi lavori?

SDS/ Ritengo che la materia sia viva, organica, che respiri e quindi possa muoversi. Forse è per questo che mi costringo ad addomesticarla con pazienza e devozione senza mai snaturarla, tutto è la conseguenza del passaggio precedente, un po’ come l’agricoltore che potando la pianta, pur facendola derla più forte e rigogliosa. Allo stesso modo costruisco i miei telai, taglio le mie carte e i miei piombi, incido, velo e avvolgo le mie strutture, fino a creare una mappa d’azione. Non voglio nascondere il mio operato, il modo in cui sono riuscito a comporre la mia architettura, ma lasciare un piccolo dubbio sulla cronologia dei passaggi, quello si!
Penso che un’opera debba avere la capacità di testimoniare la propria esistenza, e questo non solo tramite la sua presenza fisica, bensì attraverso tutte le evocazioni e gli stimoli che è in grado di suscitare. Non mi interessa la pittura “dipinta”, ma la poesia del fare, ossia tutto quello che intercorre tra l’inizio e la fine. Il resto non ha nessuna utilità.

Dall’alto: SENZA TITOLO, 2011. Carta incisa,  quarzo, cera su tavola, 122x122x12 cm. SENZA TITOLO, 2011. Carta incisa, emulsione vinilica, piombo su tavola, 100x100x91 cm.

 
p. 11 SMALL ZINE N.0 Ottobre – Dicembre 2011

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