L’IMPORTANZA DI CURARE CON L’ARTE

di Loredana Barillaro |

Che l’arte curi, nel vero senso della parola, pare un fatto di cui tutti ormai sono convinti. Sono sempre più frequenti, infatti, le ricerche che ci dimostrano quanto l’arte e la sua fruizione contribuiscano a tutelare non più soltanto la sfera emotiva delle persone, ma che siano in grado di agire anche sul funzionamento dell’organismo da un punto di vista medico. A che punto dunque sono gli studi in merito? Quanto è effettivo il connubio fra le sfera dell’arte e quella della salute? Come possono rivoluzionarsi questi due settori nell’ibridazione reciproca degli approcci? E quali i risultati che si avvertono?

 

VINCENZA FERRARA

Che le arti abbiano un ruolo importante nell’ambito della salute è riportato nella letteratura scientifica come ci indica, anche, il documento dell’OMS del novembre 2019 “Health Evidence Network synthesis report” che ha riportato e descritto oltre 3000 esperienze e i risultati che hanno evidenziato il ruolo determinante delle arti nell’ambito della prevenzione delle malattie, la promozione della salute e il trattamento e la gestione delle patologie che si manifestano nel corso della vita. Dal 1994 l’OMS ha sollecitato la necessità di introdurre specifici programmi nelle scuole e in altri ambienti di apprendimento collegati alle Skills for life per prevenire situazioni di stress e promuovere il benessere quale elemento fondamentale per raggiungere un corretto
stato di salute. Alcune ricerche hanno evidenziato che l’“esposizione” alle arti permette la riduzione dello stress, l’incremento dell’autoriflessone e della consapevolezza di sé normalizzando anche la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna o i livelli di cortisolo. Alcune metodologie che utilizzano l’arte hanno dato risultati positivi nell’ambito delle disabilità cognitive, della riabilitazione neurologica e nuovi studi collegati ai neuroni specchio suggeriscono buone previsioni anche per la riabilitazione motoria.
Le stesse “arti” sono considerate discipline importanti nell’ambito dell’Educazione di base e Continua in area Medica e Sanitaria. Anche in Italia si stanno introducendo le Medical Humanities come approccio utile per migliorare la relazione di cura e la limitazione dello stress e il Burnout nel Personale di Cura. L’adozione di metodi che considerano l’arte come strumento per l’apprendimento e la promozione del benessere possono aiutare i professionisti della cura a migliorare le proprie competenze e capacità di empatia, resilienza e tolleranza dell’ambiguità per rispondere anche a situazioni particolari come la Pandemia che si sta vivendo. Gli stessi professionisti possono avere maggiore consapevolezza delle proprietà “benefiche” dell’arte e utilizzarle per la cura in termini “olistici”. Studi di Neuroscienze in corso, d’altro canto, stanno aiutando il settore dei Beni Culturali a comprendere come il Patrimonio possa essere utile per un maggior coinvolgimento dei visitatori, per l’apprendimento, per la promozione del benessere in linea con pratiche internazionali. Diverse sono le esperienze, sia nel settore della formazione degli operatori che nell’ambito della promozione del benessere, che iniziano a dare dei risultati e a incentivare un’attenzione su questa tematica. Gli studi ci dovrebbero proiettare nell’avviare delle sperimentazioni ambiziose anche in Italia affinché il Patrimonio Culturale possa essere utile per la promozione della salute e del benessere e che vedano la collaborazione attiva interdisciplinare.

Vincenza Ferrara è Responsabile del Laboratorio di Arte e Medical Humanities della Facoltà di Farmacia e Medicina, Docente di Arte in Educazione Medica e Salute all’Università La Sapienza di Roma.

 

CATTERINA SEIA

Sono così convinta di questo valore, da avervi dedicato in ricerca-azione gli ultimi dieci anni del mio lavoro, nell’umanizzazione degli ospedali, nei processi di risemantizzazione delle scuole come primo libro di testo, nella rinascita delle aree interne, come nella rigenerazione urbana e sociale. Percorsi che sono diventati casi studio. Come la Fondazione Medicina a Misura di Donna, all’ospedale Sant’Anna di Torino, il più grande per la ginecologia e ostetricia in Europa, rinato attraverso le arti, le istituzioni culturali e gli artisti in un grande progetto di alleanza tra Cultura e Salute varato nel 2011. Da questa esperienza ho fondato con altri pionieri del welfare culturale, come risposta alla crisi causata dal primo lockdown, esattamente un anno fa, un centro di ricerca. Il CCW-Cultural Welfare Center ha sede operativa in due luoghi che uniscono idealmente Nord e Sud, due luoghi simbolo dell’innovazione sociale a Torino in Spazio BAC, centro culturale di prossimità al Distretto Sociale Barolo, cittadella della solidarietà operativa dal 1823 e al Farm Cultural Park di Favara (Ag), centro culturale indipendente di riferimento internazionale. Luoghi del possibile. in cui le arti sono risorsa per l’empowerment delle persone e delle comunità, fattori cardine per il benessere biopsicosociale. Alla mia chiamata hanno risposto figure cardine a livello nazionale che provengono da ambiti professionali diversi, abituati a ibridare le competenze per affrontare la complessità, come Alessandra Rossi Ghiglione, Andrea Bartoli, Annalisa Cicerchia, Giuseppe Costa, Luca Dal Pozzolo, Elisa Fulco, Enzo Grossi, Pier Luigi Sacco, Flaviano Zandonai, Irene Sanesi. I fondatori si accompagnano a una Knowledge Community crescente formata da studiosi, practitioner, esperti. Perché un centro studi sul tema? La sfida nella quale siamo immersi, la più grande dal dopoguerra, segna una cesura con il passato per la profondità degli effetti, evidenti e previsti. In un mondo che già viveva criticità importanti sul piano delle disuguaglianze e dello sviluppo sostenibile, la crisi globale pandemica ha prodotto gravi accelerazioni di scala e di impatto con disagi visibili e invisibili che interessano la Salute e la coesione sociale. La faglia delle disuguaglianze si è ampliata ed espone le persone svantaggiate e più fragili al pagamento del prezzo più alto in termini economici, sociali, umani. Le regole imposte dalla gestione sanitaria del Covid-19, con il distanziamento fisico e il drastico ridimensionamento del tessuto relazionale e culturale, sia nello spazio privato che in quello pubblico, incide profondamente su tutti trasformando lo stile di vita, esacerbando emozioni, modificando legami e intaccando valori. La capacità stessa di reagire e ricostruire orizzonti di futuro è sfidata dagli impatti prodotti dal Covid sia sul piano del benessere individuale che sui modelli culturali con cui pensare e realizzare la necessaria trasformazione. In questo orizzonte che è di crisi sanitaria, sociale, economica e culturale, l’Arte e la Cultura costituiscono una risorsa strategica in grado di offrire saperi, metodi, strumenti ed energie a una ripartenza e a una rifondazione sistemica costruita intorno al valore della persona umana per una società della cura. Da sempre le Arti e la Cultura contribuiscono a nutrire le capacità di pensiero e immaginazione, le energie emotive e il benessere psicosociale, le competenze relazionali e sociali su cui si fonda la capacità umana di far fronte alle crisi e sviluppare il potenziale dei singoli e delle comunità. Il più recente studio dell’OMS sul valore delle Arti per il benessere e la Salute (OMS, novembre 2019 che come CCW abbiamo tradotto in italiano su autorizzazione OMS) le conferma come importanti risorse per la cura, la promozione di stili di vita sani e la costruzione di equità e di qualità sociale e sostiene l’esigenza di sviluppare un approccio di welfare culturale trasversale alle politiche in campo di Salute, Sociale, Educazione e Cultura. La trasformazione in corso di ogni sistema – culturale, sociale, sanitario, economico, educativo, le linee guida degli Sdgs politiche EU, il piano nazionale di ripresa e resilienza – aprono uno spazio inedito di innovazione e di azione, per interventi sistematici e sistemici, basati su competenze, pratiche e politiche integrate, per affrontare le vulnerabilità sociali, di salute, aumentare la resilienza e valorizzare le potenzialità. In questo anno orribile la parola cura è state centrale. Abbiamo compreso che la Salute non è compito esclusivo della Sanità, ma di ogni politica. E il mondo culturale, seppur in ginocchio, ha trovato nuove vie per incontrare i suoi pubblici, per ridisegnarsi pensando al benessere delle persone e delle comunità, in una rinnovata consapevolezza dell’urgenza di tradurre il valore delle Arti nello sviluppo umano e sociale, presupposto per lo sviluppo sostenibile, raggiungendo un pubblico ampio, con esperienze profonde e trasformative. Molte sono le pratiche nel nostro Paese, ma faticano a diventare politiche. Con un ruolo di advocacy, come CCW intendiamo sostenere la trasformazione in corso, con attività di ricerca (ne abbiamo condotte alcune per far emergere progetti e soggetti operativi in tema nel paese), sia accompagnando policy makers nell’innovazione metodologica attraverso interventi di ricerca-azione legati a sfide specifiche (dalla prima infanzia all’invecchiamento attivo, alla cura dei curanti). Ma attenzione, usciamo dalla retorica dell’aspersione della Cultura come incenso per il Benessere, strumentalizzando. La profondità e la qualità dell’esperienza sono determinanti. Per chiarire che cosa intendiamo come welfare culturale, abbiamo curato la prima definizione del neologismo nell’Atlante Treccani e per favorire lo sviluppo delle competenze abbiamo appena lanciato una School per preparare ai cross over culturali, ovvero le relazioni sistemiche e sistematiche tra la Cultura, le Arti e altri ambiti di policy, in primis Salute che saranno gli assi delle politiche delle prossime decadi.

Catterina Seia è Presidente di CCW-Cultural Welfare Center, Co-Founder e Vicepresidente di Fondazione Fitzcarraldo e Fondazione Medicina a Misura di Donna.

Dall’alto: Un ritratto di Vincenza Ferrara. Courtesy Vincenza Ferrara. Un ritratto di Catterina Seia, a sinistra, all’Ospedale Sant’Anna di Torino.

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