STONER. LANDING PAGES

nell’ambito di “Ci sono sempre parole. [non] Festival delle narrazioni popolari (e impopolari)”

di Angelica Bonaccini

Il “Decameron” di Giovanni Boccaccio e “La peste” di Albert Camus sono alcuni dei testi che sono stati citati maggiormente all’inizio del lockdown, come a voler cercare nei classici un punto di riferimento in un momento di spaesamento e incertezza. Ho ripensato a un esame monografico sul Decameron, dato quando studiavo Lettere Moderne nei chiostri della Statale di Milano, e ai dieci giovani che, dalla città di Firenze devastata dalla peste, si ritiravano in un locus amoenus per raccontarsi le cento celebri novelle: ecco la forza salvifica delle storie contro la morte. Ed è proprio a Certaldo (Fi), città Natale di Boccaccio, e a Gambassi Terme (Fi) che ha luogo la seconda edizione di “Ci sono sempre parole. [non Festival delle narrazioni popolari (e impopolari)”, prodotto dal Sistema museale “Museo diffuso Empolese Valdelsa” (MuDEV) e da YAB Young Artists Bay, e incentrato sulla valorizzazione della comunità, delle connessioni tra le persone e le loro storie. Ho modo di conoscere il territorio trascorrendo un paio di giorni a Certaldo in occasione dell’inaugurazione del festival, visita resa ancor più piacevole grazie dal soggiorno presso l’Hotel Certaldo, un ex mulino trasformato in albergo con parco e vista sul canale, e dall’atmosfera familiare di Cucina Giuseppina che propone una cena a buffet con un’attenzione verso i prodotti locali.

Nel borgo medioevale di Certaldo alta, le cui strade sono piene di insegne di boccaccesca memoria come Chichibio e la Grù, si trova Palazzo Pretorio che, con la celebre facciata in mattoni a vista costellata di stemmi, ospita la seconda edizione della mostra “Stoner. Landing Pages”, dedicata al romanzo “Stoner” di John Williams. È lì che si tiene il discorso inaugurale del festival, con il curatore Andrea Zanetti, la direttrice scientifica del MuDEV Cinzia Compalati e i sindaci di Certaldo e Gambassi Terme, rispettivamente Giacomo Cucini e Paolo Campinoti. “Questo è l’anno della riscossa dei piccoli festival. Sono flessibili, facilmente rimodulabili e riprogrammabili, che puntano sulla qualità e non sulla quantità. Per questo hanno saputo rigenerarsi dopo il lockdown. E “Ci sono sempre parole” ne è la riprova. Il festival nasce nel 2018 da un’idea di Andrea Zanetti in seno al Sistema Museale dell’Empolese Valdelsa, un sistema museale diffuso che abbraccia i ventuno musei dell’area su undici comuni. Il suo obiettivo è quello di valorizzare la comunità dell’Empolese Valdelsa, che assurge a patrimonio culturale da valorizzare e trasmettere per il futuro”, dice Cinzia Compalati prima del taglio rituale del nastro verde-bianco-rosso. Andrea Zanetti ci ricorda dell’importanza della narrazione, e il romanzo Stoner ne è la riprova nel suo essere la storia di una vita ordinaria in cui nulla accade, ma in cui proprio per questo tutto succede. Entriamo nell’edificio accompagnati dai curatori che ci descrivono le opere degli otto artisti presenti in mostra, diversi per linguaggi ed età, ciascuno dei quali ha realizzato un’opera dedicata a uno dei personaggi del romanzo a eccezione dell’installazione sonora di Jacopo Simoncini che metaforicamente rappresenta lo stridore dell’esistenza dei personaggi del libro: Emiliano Bagnato (Grace), Mauro Fiorese (Gordon Finch), Stefano Lanzardo (Stoner), Roberta Montaruli (Katherine), Eleonora Roaro (Edith), Giuliano Tomaino (il padre di Stoner) e Zino (Lomax). È complesso, penso mentre cammino nelle stanze al piano terra dove sono allestiti i lavori, progettare una mostra che sia nel contempo rispettosa del luogo che la ospita, ma che non sia schiacciata dalla sua preziosità storica e bellezza. In questo caso la sfida è superata con successo, anzi il percorso espositivo permette di soffermarsi su ogni singolo lavoro e di apprezzarne i risvolti talvolta poetici, altre volte ironici o politici. Il romanzo, raccontando la storia normale di un professore universitario dalla sua infanzia alla morte, si presta a una trasposizione non letterale dei personaggi, che diventano ciascuno simbolo di qualcos’altro: ad esempio il lavoro di Roberta Montaruli allude alla perdita e all’abbandono, quello di Emiliano Bagnato al rapporto con i genitori, quello di Eleonora Roaro alla condizione femminile, quello di Mauro Fiorese alla malattia e alla morte. Prima di lasciare Palazzo Pretorio entro in una stanza che non fa parte del percorso espositivo della mostra “Stoner. Landing Pages”. È il Carcere civile. Sul soffitto vi è una scritta in nero realizzata con il fumo di candela tuttora leggibile: è una poesia di Giambadia Neri del 1655. Leggo nel video esplicativo che, probabilmente, all’epoca i prigionieri salivano uno sulle spalle dell’altro per scrivere nelle parti alte della stanza. E li immagino così, con i loro corpi smagriti dalla prigionia, e la necessità di ingannare il tempo, e la volontà di lasciare un segno. Ancora una volta, ci sono sempre parole.

Per maggiori info:

https://www.museiempolesevaldelsa.it/in-arrivo-la-seconda-edizione-2/

Nell’ambito di CI SONO SEMPRE PAROLE [non] FESTIVAL delle NARRAZIONI POPOLARI (e IMPOPOLARI)

Seconda edizione – Certaldo, Gambassi Terme e il territorio dell’empolese valdelsa

STONER. LANDING PAGES. Mostra liberamente ispirata al romanzo Stoner di John Williams

In mostra: Emiliano Bagnato, Mauro Fiorese, Stefano Lanzardo, Roberta Montaruli, Eleonora Roaro, Jacopo Simoncini, Giuliano Tomaino, Zino

a cura di Cinzia Compalati ed Andrea Zanetti

dal 5 settembre 2020 al 10 gennaio 2021

Palazzo Pretorio, Certaldo

Dall’alto: Eleonora Roaro, foto © Sirio Zabberoni. Giuliano Tomaino, foto © Stefano Lanzardo. Jacopo Simoncini, foto © Stefano Lanzardo. Roberta Montaruli, © Sirio Zabberoni. Zino, foto ©Sirio Zabberoni. Mauro Fiorese, Stefano Lanzardo, Eleonora Roaro, foto © Stefano Lanzardo.

© 2020 BOX ART & CO.

NEWS

Archivio