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LA PITTURA PER MEZZO DELLA PITTURA
Paola Angelini

– Valentina Tebala

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UN FUTURO LUMINOSO, 2014. Olio su lino, 210×170 cm. Courtesy dell’artista e Galleria Massimo De Luca.
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DRAWINGS OF ST. GEORGE, 2014. Olio su lino, 210×170 cm. Courtesy dell’artista e Galleria Massimo De Luca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nata a San Benedetto del Tronto trentadue anni fa, Paola è una Pittrice: due ‘P’ maiuscole e due nomi propri, nel suo caso, per conferirle un’unica identità.
Quando la incontrai per la prima volta a Venezia negli Atelier della Bevilacqua La Masa – era di ritorno da un periodo di residenza tra i fiordi norvegesi, presso il Nordic Artists Center – e un po’ intimidita raccontava delle sue grandi tele, avvertii qualcosa di diverso e di terribilmente autentico, facendo la spola con lo sguardo tra i dipinti e i suoi occhi che scrutavano la reazione di noi ascoltatori mentre confessava di dipingere, appunto semplicemente e visceralmente. Il ché mi affascinò molto, in un’epoca in cui sentir parlare un giovane artista di profonda necessità pittorica, di ricerca “sulla pittura e per mezzo della pittura”, è raro e a dir poco demodé. Per lei, “la materia della pittura è la descrizione che darebbe un cieco di un buio visivo”: ovvero è l’unica possibilità.
Quella pittura che Paola riesce a fare, si compie con un’urgenza ritmica che impressiona te che la guardi e, credo, anche lei nel momento stesso in cui la crea, quasi in maniera performativa: strati e strati di colore a olio sulla tela – blu, rossi e verdi in primis – fin quando il quadro non appare sotto gli occhi, la visione è completa, il processo e la ricerca pittorica ed esistenziale può arrestarsi. Al suo interno non abita mai un centro perché ogni elemento nel vortice è importante, ogni pennellata è vibrante ma ponderata poiché è frutto di una lotta e di una scelta – conscia o non; il suo è uno spazio-tempo pittorico immaginifico anche quando rimane ancorato alla citazione della realtà.
Mi accorsi che quei dipinti mi erano familiari, che mi ricordavano qualcosa. Si poteva provare come un sentore tra il déjà vu e quel sentimento che Freud definì unheimlich (perturbante): il congenito, il conosciuto da sempre divenuto estraneo per via di un processo di rimozione, che si ripropone all’improvviso sotto nuove spoglie. Sembra quasi passarti davanti, con forza sotterranea, la storia dell’arte pittorica occidentale: le sue evoluzioni formali e concettuali, la sua sacralità, i suoi umori, le iconografie, fino ai temperamenti più contemporanei. El Greco, Previati, Boccioni, Chagall, dichiaratamente Savinio, Bacon, Lassnig; dal manierismo al simbolismo, da un vorace espressionismo al neon, pulviscolare e fibroso, al surrealismo, fino all’ultimo naturalismo di stampo post-impressionista e alla transavanguardia. Si scorge un ritorno – un appiglio? – al rimosso (pittorico) con motivi classici, ancestrali, mitologici o religiosi: la Tentazione di Sant’Antonio, San Giorgio e il drago, banchetti apparecchiati, cavalieri, ninfee, uomini alati o arpie, ma anche volatili e animali studiati dal vero come tra le pagine degli antichi bestiari.
Dal canto suo, per la pittrice tali “pretesti” figurativi – il cui studio formale è fine e meticoloso – possono essere retaggio di una vita psichica in costante presenza/essenza: così, la tradizione storico-artistica si imbeve della sensibilità e del vissuto personale e ne esce esteticamente rinvigorita. Beninteso, nonostante le contaminazioni, il talento e il linguaggio pittorico della Angelini possiedono un’identità forte e crescente; ed è, allo stesso modo, un linguaggio tanto originario quanto contemporaneo.
Talvolta l’energia della pittura si fa incontenibile, allora Paola tenta di assecondarla preparando lei stessa spazi che sappiano accoglierla, installazioni ed allestimenti per le sue mostre, che non imbrigliano quella libertà creativa e scalpitante.

(alla pagina 3 del n. 14 di SMALL ZINE)

© 2015 Civico115 Edizioni

 

 

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