TALENT TALENT

SEGUENDO CERTE ROTTE IN DIAGONALE

Marco Strappato

– Gregorio Raspa

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Lʼopera di Marco Strappato evoca mondi lontani e distrattamente utopici in cui lʼimmagine mette in discussione il suo statuto sino ad assumere lʼessenza aurorale di un tutto, evanescente e fuggevole, in continua caduta sullo sguardo contemporaneo. La produzione artistica di Strappato – specie la più recente – indaga infatti sui tradizionali meccanismi di lettura che interessano specifiche rappresentazioni visive esasperando agli occhi dello spettatore le dicotomie percettive noto/ignoto, reale/immaginato, astratto/figurativo generalmente abbinate al processo di decodifica figurale. Per fare ciò Strappato ricorre prevalentemente allʼimmagine del paesaggio – soggetto centrale della sua poetica – sfruttando di questʼultima lʼambiguità tipica della sua riproduzione. Una tale ricerca pone in evidenza un mondo in cui la comprensione avviene attraverso processi di stratificazione progressiva e il confine fra unʼimmagine autentica ed una artificiale – costruita ex novo o appositamente modificata – diventa sempre più labile. Ricorrendo ad una sorta di metafisica post-web, in cui il paesaggio – evocato, rubato o immaginato – diventa foglio di scrittura, deposito di desideri ed esotiche fantasie dʼevasione, Strappato propone una ricerca basata sulla ri-rappresentazione della realtà effettuata per mezzo di sottilissimi slittamenti iconografici. Per realizzare la sua opera egli ricorre ad un linguaggio multimediale e densamente strutturato che sfrutta il collage, la fotografia, il video e lʼinstallazione manipolando immagini prelevate da fonti eterogenee (web, riviste, reperti dʼarchivio o materiale inedito) e successivamente riposizionate in originali dispositivi di senso dallʼidentità vergine e mesmerizzante. In alcuni casi le immagini – soprattutto fotografiche – vengono installate allʼinterno di complesse strutture dotate di unʼestetica potenzialmente scultorea (come succede nella serie FakeLake o Not yet titled). In queste opere il paesaggio esposto dilata – anche solo idealmente – i confini della sua rappresentazione assumendo una posa tridimensionale appositamente studiata per invadere lo spazio del reale. In altri casi, invece, Strappato pone le sue immagini in stretta relazione con dispositivi e strumenti tecnologici – monitor, tablet, cavi, proiettori e computer – che non solo permettono il compimento dellʼopera per mezzo della loro funzionalità, ma completano la stessa ostentando improvvisa dignità estetica ed artistica. Ciòè particolarmente evidente in lavori come Untitled (Ground) o X,Y,Z – dove un iPad e un MacBook Pro caratterizzano fortemente lʼidentità dellʼopera – o, in maniera ancora più incisiva, nella meta-scultura Laocoön composta da due bracci meccanici, originariamente pensati per sostenere dei monitor, trasformati in misteriosi elementi post-duchampiani suggeritori di una rappresentazione possibile o irrimediabilmente mancata, di una visione aperta e in cerca di direzione. Un simile approccio, basato sulla manipolazione formale e simbolica di iconografie esauste, valorizza il potenziale paradigmatico delle immagini e conduce lʼartista alla creazione di un universo recettivo e aperto alla contaminazione. Non a caso Strappato riversa nei suoi lavori tanto la cosmogonia visionaria di Battiato quanto lo spericolato approccio documentaristico di Herzog; cita lʼesperienza artistica di Klein e lʼeterna, eroica giovinezza di Pascali. Perché lʼopera di Strappato non rispecchia mai un solo tema o un singolo soggetto, ma ricerca la sintesi dei linguaggi nel potere della visione riconoscendo nellʼimmagine quel luogo in cui precipita il senso.

UNTITLED (GROUND), 2015. Concrete, Portoro marble 10cm Ø, iPad (video in loop), size varible. Courtesy dellʼartista.

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