di Sandra Tornetta |
Mantello azzurro, veste purpurea, sguardo ineffabile e un mezzo sorriso. L’ Annunciata di Antonello da Messina è un’opera che ipnotizza, la cui aura mistica resta ancora oggi indecifrabile al punto da potere essere definita “la Gioconda del Mediterraneo”. Già Sciascia, nel 1967 aveva colto nei ritratti di Antonello la possibilità di trattare, seppure da una differente angolazione, un tema che gli stava molto a cuore, l’essere siciliano e la sua diversità. Per farlo analizza il concetto di somiglianza “che in Sicilia è uno scandaglio delicato e sensibilissimo, uno strumento di conoscenza1” e ne ravvede l’archetipo proprio nei portentosi ritratti di Antonello, che come uno specchio deformante sembrano interrogare lo spettatore sulla sua più recondita natura. Lo stesso approccio sul tema della somiglianza e quindi dell’identità, si ritrova nel volume curato da Tomaso Montanari e Franco Marcoaldi, nel quale l’analisi dei ritratti più rappresentativi della storia dell’arte italiana viene associata a spunti poetici di altrettanta risonanza, per costruire attraverso dissonanze e analogie una diversa chiave di lettura “sull’indole e il cuore degli italiani2”.
L’Annunciata di Antonello viene associata al Dante di Tanto gentile e tanto onesta pare… traslitterando la metafora del saluto- salvezza stilnovista con la risposta della Vergine all’annuncio divino. L’annuncio si sente, si percepisce come soffio sulla pagina del libro aperto sul leggio ma l’angelo non si vede. Secondo uno studio recente condotto da Giovanni Taormina e Mario Lucco3, la scelta di non mostrare l’angelo sarebbe stata determinata dalla precisa volontà di Antonello di conferire al ruolo dello spettatore, solitamente passivo nella fruizione dell’opera, un ruolo attivo, che lo renderebbe il vero e indiscusso protagonista: lo spettatore è l’angelo annunciante e i segni finora indecifrati sulle pagine del libro, sarebbero caratteri onciali impiegati solitamente nei manoscritti dell’epoca come capolettera di un capitolo o di un paragrafo, fra i quali si è riusciti ad individuare una “M”, una M di Magnificat.
Ogni interpretazione sull’Annunciata è affascinante e colma di mistero. Con una vertigine che sa di giallo, Domenico Ripa, autore di Lo strano caso dell’Annunciata di Antonello da Messina4, tenta di ricostruire le vicende dei primi quattrocento anni dell’opera, che dalla sua realizzazione nel 1475 comparve in pubblico solo nel 1887. Dove è stata nascosta per tutto questo tempo una delle opere più importanti della storia dell’arte? Per cercare di sbrogliare la trama, intricata come un’indagine poliziesca, vengono analizzate le circostanze che portarono a questo lungo silenzio, fino a quando un documento scovato durante le encomiabili ricerche d’archivio condotte dall’autore, porta alla luce una storia incredibile, nella quale si intrecciano somiglianze di sciasciana memoria, come quella tra le Vergine e Smeralda Calafato, clarissa poi beatificata che svolse la sua opera nei monasteri vicino la casa del grande pittore5; o come quella fra l’Annunciata e un’immagine della Madonna della Tosse, per anni venerata in un’edicoletta della Chiesa di San Pancrazio a Mazara del Vallo, dovesecondo un documento del 1438 ritrovato presso l’archivio di Trapani, fu commissionata una vergine proprio al pittore Antonello da Messina6.
Ebbri di ipotesi ed elucubrazioni fascinose, vogliamo comunque restare lontani dall’arrivare ad una conclusione esaustiva, perché come sostiene Umberto Eco “il mondo è un enigma benigno, che la nostra follia rende terribile perché pretende di interpretarlo secondo la propria verità7.”
1Cfr. Leonardo Sciascia, L’ordine delle somiglianze, in L’opera completa di Antonello da Messina, Prefazione, Rizzoli, Milano 1967, p.6.
2Franco Marcoaldi e Tomaso Montanari, Il nostro volto. Cento ritratti italiani in immagini e versi, Einaudi, Torino 2021.
3Studio dell’Università di Palermo, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio, fonte MIC 2021.
4Domenico Ripa, Lo strano caso dell’Annunciata di Antonello da Messina, LE TRE TORRI Edizioni, Menfi 2025.
5Si veda a questo proposito Giuseppe Intersimone, La beata Eustochia Calafato clarissa messinese, Edizioni francescane, Roma 1956.
6Aldo Sparti, Documenti inediti sulla presenza di Antonello da Messina nel Trapanese, in La Fardelliana 2-3, Trapani 1983.
7Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani, Milano 1988.
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