PROSPETTIVE DI VIAGGIO | Stefano Ravelli

di Loredana Barillaro |

Il termine prospettiva si apre a più interpretazioni, c’è la prospettiva fotografica, ossia la profondità che il fotografo riesce a dare all’immagine catturata; la prospettiva architettonica, che ci permette di intendere la profondità e la tridimensionalità dello spazio, e infine quella del viaggio, quella cioè che ogni singolo viaggiatore si aspetta dall’esperienza che sta compiendo. Ma a queste se ne può forse aggiungere un’altra, la prospettiva di Stefano Ravelli che, all’atto di scendere in strada, probabilmente si chiede che cosa e chi incontrerà, e se varrà la pena di usare la sua macchina fotografica.

“Prospettive di viaggio” è essenzialmente questo, il muoversi attorno e nello spazio alla ricerca di qualcosa, che sia un luogo o un’esperienza. Ed è ciò che compie l’artista, un inseguire, un captare un gesto, un passo, un momento interiore che traspare dallo sguardo di coloro che vengono fotografati; a volte uno sguardo diretto all’obiettivo ci dice che esiste un coinvolgimento da entrambe le parti – seppur taciuto – talaltra, invece, lo sguardo è distratto e rivolto altrove; per Stefano Ravelli si tratta quindi di osservare, di cogliere momenti di intimità e introspezione.

Attraverso l’obiettivo il soggetto della foto può incontrare idealmente chi ne sarà l’osservatore, invitandolo ad inoltrarsi nel suo mondo, nel perimetro della superficie stampata, per entrare a farne parte. La figura umana sposa l’architettura, ne segue le linee e ne imita le pose quasi a ridisegnarne l’assetto, donne e uomini ne diventano colonne o pilastri, in una immedesimazione con lo spazio che solo il fotografo riesce a percepire e fermare, consegnando il soggetto ad un qui e ora e forse ad un per sempre. E il bianco e nero ci chiede uno sforzo di immaginazione, il colore degli abiti, degli occhi, del cielo, non sempre ci è concesso indovinare il momento dello scatto.

Perché Stefano Ravelli ama fotografare le gente per strada? Perché ha scelto questo genere? Lui in fondo si definisce un “walker photographer” che si caratterizza per la curiosità, per l’esigenza di esplorare, di scoprire, di guardare, ma anche ascoltare. Non sapremo mai chi sono questi viaggiatori, possiamo solo ipotizzarne le storie, i nomi, i pensieri in cui sono immersi mentre Stefano velocemente li immortala. Talora l’artista sorprende i passanti nell’atto di fotografare a loro volta, e sempre più spesso si tratta di un’azione compiuta in maniera compulsiva, veloce, si cerca in fondo di afferrare quanto più possibile, quante più cose riusciamo ad immagazzinare affinché nulla ci sfugga. Ma questa velocità del gesto cede talora il passo alla concentrazione, al silenzio, a quella quiete così necessaria per capire il senso di ciò che si ha davanti.

Stefano Ravelli scatta al centro del caos, del chiacchiericcio frenetico in cui mille e più voci provenienti da ogni dove si incrociano e si mescolano, nonostante ciò quello che emerge è la pacatezza inevitabile di una scena fermata per sempre, del silenzio che infine ne traspare. Solo il senso della vista è chiamato in causa, tutto il resto, il prima e il dopo, possiamo solo immaginare.

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