di Loredana Barillaro |
Francesca, partiamo da una domanda base: qual è la tua idea di design, che signifi- cato ha per te questa disciplina?
Francesca Lanzavecchia/ Quando da adolescente ho realizzato che tutto ciò che ci circonda, creato dall’uomo, è stato disegnato da qualcuno ho pensato che quello era il mestiere che faceva per me, la maniera più giusta per addomesticare il mio spirito artistico e per indirizzare la mia creatività al prossimo. Non mi sono mai trovata particolarmente a mio agio con il linguaggio verbale mentre il linguaggio visivo per me è sempre stato così naturale. Ho scelto di diventare designer perché è una disciplina che fonde il sapere tecnico e scientifico all’umanesimo; l’estetica all’ergonomia. In ogni progetto racconto storie, desideri, contesti che vengono congelati in un oggetto come un fermo immagine.
Il tuo lavoro, in collaborazione con Hunn Wai, si divide fra Oriente e Occidente, si può parlare di uno stile – al contempo – italiano e asiatico?
FL/ Sicuramente amiamo contaminare riferimenti di entrambe le culture. A livello formale chi cerca di leggere lo stile del nostro lavoro dice che siamo in bilico fra il minimalismo essenziale del rigore asiatico e la decisamente più chiassosa ironia e poetica italiana. Ma al di là dello stile quello che reputiamo più interessante è fondere le nostre culture a livello di pensiero per immaginare, per i nostri clienti, il vivere di domani.
Come riesci a unire la tradizione, tipica del luogo in cui vivi, all’innovazione caratteristica di una megalopoli come Singapore?
FL/ Abbiamo voluto fondare uno studio a ponte fra due continenti proprio per continuare a ibridare i nostri due mondi: il vecchio continente con le sue eccellenze e gli incredibili saper fare artigiani con Singapore, città-stato frenetica e cosmopolita proiettata al futuro ma al centro del colorito Sud Est asiatico. Essere a ponte tra queste realtà così diverse ci permette di non dare mai nulla per scontato, di capire i contesti da più punti di vista e trovare ad esempio soluzioni nuove per un processo produttivo antico o ispirazioni storiche da infondere in progetti futuribili o stili di vita e rituali da importare.
Le idee e i progetti su cui punti maggiormente, sia dal punto di vista estetico che funzionale…
FL/ Da una parte ampliare l’universo dei progetti Furniture dello studio collaborando con aziende europee ma anche asiatiche per arredare interni che siano Lanzavecchia + Wai a 360 gradi. Un’altra importante fetta del nostro lavoro sta ora diventando la collaborazione con architetti e costruttori per progettare e produrre prodotti ad hoc e installazioni per il mondo del Contract da ristoranti a hotel, fino a spazi di co-working e co-living. Un’altra rotta che vogliamo continuare a tenere è quella delle installazioni che permettono di esprimere la nostra creatività senza vincoli produttivi: come le installazioni che disegniamo da due anni per le vetrine di un noto marchio di moda che fa del sogno il centro del suo pensiero.
Quali sono le esigenze rispondenti ai bisogni dei più a cui vuoi dare sostanza con il tuo lavoro?
FL/ Mi piacerebbe molto lavorare di più nel design per il sociale ma purtroppo è un ambito difficilmente sostenibile per uno studio di design. In generale mi chiedo spesso perché produrre altre cose, con il mio lavoro vorrei progettare oggetti d’affezione che durino tanto nelle collezioni delle aziende e nelle famiglie che li acquistano, continuando a tenere l’uomo al centro di ogni progetto, sia l’artigiano che forgia il prodotto con le sue mani, dentro o fuori dall’azienda, sia l’uten- te finale che lo sceglie e di cui voglio ascoltare i bisogni fisici ed emotivi.
Francesca Lanzavecchia è Co-fondatore e Direttore Creativo di Lanzavecchia + Wai Design Studio.
Dall’alto: Francesca Lanzavecchia in un ritratto di © Davide Farabegoli. Courtesy Lanzavecchia + Wai. SCRIBBLE, famiglia di coffee table per De Castelli (2017). Foto di © Massimo Gardone. Courtesy De Castelli.
(intervista pubblicata nel n. 32 Ottobre-Dicembre 2019 di SMALL ZINE)
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