di Loredana Barillaro |
Sara, leggendo di te, e guardando le foto che ti ritraggono sovente assieme alle tue creazioni, si sente subito che esiste una relazione molto forte con quello che fai, un movimento, una sorta di “fluido vitale” che ti rende una cosa sola con il tuo mondo lavorativo, è così?
Sara Ricciardi/ Cara, è una bellissima suggestione che mi rivolgi, credo di non riuscire a tracciare mai dei confini di separazione. Trovo che tutto sia un impasto unico fatto di amore, ricerca, sforzo, sudore e passione.
Mi piace ci sia un approccio olistico alla propria esistenza, di iper connessione tra le parti.
Il lavoro è una parte di questo racconto ed è per me una forma di relazione con me stessa e con gli altri, lo porto avanti con molto entusiasmo e con grande generosità quotidiana in maniera da trarne un profondo beneficio. Più intensità metti in moto e più ne ricevi. Uno slancio proporzionale continuo; e allora il “fluido vitale”, come tu lo definisci in maniera stupenda, ha profonde radici in questa carica energetica.
Credo di non sbagliare dicendo che mi sembri una persona molto felice, è il tuo lavoro che fa questo effetto?
SR/ Sono molto felice, amo ridere e sono anche piena di gratitudine. Non intravedo benefici nel galleggiare su zattere di lamento e abbattimento, né per sé né per gli altri intorno.
Il lavoro è solo uno strumento, non è mai l’artefice della felicità. Sono io che contagio quotidianamente il mio lavoro con elettricità umorale positiva, perché altrimenti ne avrei di motivi per odiarlo! Se la narrativa che noi sviluppiamo è potente non potremo che creare magia.
La grande regola del saper creare feticci è dare un mantello di verità alla propria immaginazione, o quanto meno questa è la mia tattica, anche nel lavoro.
Che tipo di Designer sei? Cos’è che caratterizza il tuo percorso “progettuale” quotidiano?
SR/ Se sapessi bene definirmi forse comincerei ad annoiarmi. So che sono in continuo fermento progettuale, recepisco stimoli, accetto a braccia aperte il caos, il tempo che passa, il mutamento. Elaboro con fiducia e riporto tutto nel lavoro.
In maniera onesta. Ho iniziato con il design autoprodotto, poi ho creduto alla storia dell’approccio industriale massivo, poi sono passata alla scultura elitaria, poi la mia ricerca sul corpo mi ha portato all’installazione e poi sono arrivata all’indagine prossemica e alla progettazione di spazi. Quest’anno mi dedicherò molto di più
all’azione performativa. La cosa meravigliosa è che non abbandoni nulla ma trasformi il tuo percorso in base a nuovi principi conditi di esperienze personali e visioni storiche.
Che cos’è il Social Design?
SR/ Io tu egli noi voi essi. Il social design comprende tutti i pronomi personali. È sviluppo collettivo, è co-progettazione, è relazione sentita, è ascolto continuo, ricezione indomita. È saper operare la riqualificazione urbana e morale, è senso civico, è profonda bellezza collettiva.
È una grande gestione del contrasto, è fluidificare i pensieri, per tutte le età, trasversalmente partecipazione. È bellezza, è vivere insieme con consapevolezza.
Sara Ricciardi è Designer and Creative Director.
Dall’alto: Un ritratto di Sara Ricciardi. Foto © Laura Baiardini. MATERIA CATANZARO, Progetto CONDIMENTO CALABRO di Sara Ricciardi. Foto © Cartacarbone. Progetto ARCADIA, per Alice Stori Liechtenstein, installazione di Sara Ricciardi. Distretto 5 Vie, Milano Design Week 2018. Foto © Delfino Sisto Legnani. Per tutte courtesy Sara Ricciardi.
(intervista pubblicata nel n. 34 Aprile-Giugno 2020 di SMALL ZINE)
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